23 gennaio 2024 ore 15.52
Vita Parrocchiale
Festa della Candelora 02/02 - Festa San Biagio 03 Febbraio 2024 - Programma e Foto
Don Bernardo Domizi
23 gennaio 2024
ore 15.52

Festa della Candelora (Presetazione di Gesù al tempio) 02 Febbraio 2024 --  Presso Chiesa Parrocchiale Monsampolo

Festa di San Biagio 2e3 Febbraio - 2024   --  Presso Chiesetta San Biagio

Venerdì 2 febbraio  - Festa Candelora

ore 20,00 - Santa Messa e Benedizione delle candeline ( Soppressa Santa Messa delle ore 18,00 a Stella)
ore 20:45 - Fiaccolata dalla chiesa parrocchiale di Monsampolo alla chiesetta di San Biagio 

Al termine tradizionale fochera e fava 'ngreccia

Sabato 3 febbraio
ore 10:00 - Santa Messa presso la chiesetta di San Biagio e Benedizione della gola

ore 16:30  Processione - Santa Messa e Benedizione della gola  presso la chiesetta di San Biagio

Al termine assaggio delle ciambelle di

Il Parroco don Andrea e Comitato San Biagio

CANDELORA

La Presentazione al Tempio di Gesù era una festa celebrata fin dal IV secolo dalla Chiesa orientale il 2 febbraio. Nel VII secolo, anche la Chiesa cattolica di rito romano adottò il 2 febbraio come festa liturgica della Presentazione al Tempio, che prese poi il nome di Candelora.

Racconto del Vangelo

Mentre il Vangelo secondo Matteo non fa alcun cenno all'episodio, il Vangelo di Luca narra che Maria e Giuseppe portarono il Bambino al Tempio di Gerusalemme quaranta giorni dopo la sua nascita, per «offrirlo» a Dio. Questa cerimonia era prescritta per tutti i figli maschi primogeniti in ossequio al comando dell'Esodo (13,2.11-16[2]), e consiste ancor oggi per gli ebrei nel riscatto del bambino tramite un'offerta (Pidyon HaBen). Simultaneamente, la puerpera compiva l'offerta prescritta dal Levitico per la sua purificazione (12,6-8[3]). Durante la visita, incontrarono Simeone, cui era stato predetto che non sarebbe morto prima di vedere il Messia. Simeone lodò il Signore con le parole che ora sono note come Nunc dimittis o Cantico di Simeone, con le quali annuncia che il Bambino sarebbe stato luce per le nazioni e gloria di Israele, ma anche segno di contraddizione. Subito dopo, Simeone profetizzò la sofferenza di Maria. Il Vangelo riferisce anche le profezie messianiche della profetessa Anna, un'ottantaquattrenne vedova che si trovava nel Tempio e che identificò anch'essa pubblicamente il bambino come messia. Dopo la cerimonia, la famiglia rientrò a Nazaret. Con la presentazione al Tempio si chiudono i racconti dell'infanzia di Gesù nel Vangelo secondo Luca.

Significato teologico

Per Luca, la prima introduzione di Gesù al Tempio ha un preciso significato teologico. Per la purificazione della puerpera l'offerta del primogenito, infatti, non era necessario andare al Tempio di Gerusalemme: questi atti potevano essere effettuati in tutto il Paese presso un sacerdote qualsiasi[4]. L'incontro con Simeone e Anna mostra l'attuazione di una profezia di Malachia, secondo cui il Messia sarebbe stato riconosciuto nel Tempio (3,1[5]). La gioia dei due ebrei pii descrive il compimento della speranza del popolo di Israele. Simeone capisce che Gesù è il messia atteso, ma è venuto per tutti i popoli, non solo per Israele; sarà però un segno di contraddizione, dividendo Israele tra chi crederà in lui e chi no[6]. Luca non dice che Gesù è stato riscattato con il pagamento dell'offerta: ciò significa che è stato consacrato interamente a Dio Padre fin da bambino.

Per la Chiesa cattolica Maria non avrebbe avuto bisogno di essere purificata, ma si sottopone ugualmente in segno di umiltà al rito per dimostrare la sua obbedienza ai precetti religiosi ebraici. La Chiesa ha sempre identificato la "spada" menzionata da Simeone come figura del dolore che Maria avrebbe sofferto durante la Passione del Figlio.

Il ricordo della presentazione al Tempio di Gesù è all'origine della tradizione cristiana di presentare i neonati al Signore, chiedendo che egli li benedica sin dalla più tenera età. Per le chiese in cui viene praticato il battesimo dei neonati ciò avviene in occasione della cerimonia del battesimo. Nelle confessioni cristiane che battezzano solo adulti viene talvolta praticata comunque una presentazione sacramentale dei neonati.[7]

La Candelora, collocata a mezzo inverno nel tempo astronomico, coincide nel ciclo agreste/vegetativo con la fine dell’inverno e l’inizio della primavera; un famoso detto popolare infatti associa questo giorno ad una previsione atta a stabilire la fine o meno del brutto tempo. Chi infatti non ricorda l’antico proverbio? La Madonna Candelora Dell’inverno siamo fora Ma se piove o tira vento Nell’inverno siamo dentro E’ quindi un momento di passaggio, tra l’inverno/buio/”morte” e la primavera/luce/risveglio. Questo passaggio viene celebrato attraverso la purificazione e la preparazione alla nuova stagione. Radici della Candelora Candelora è il nome popolare (deriverebbe dal tardo latino “candelorum”, per “candelaram”, benedizione delle candele) attribuito dai cristiani alla festa celebrata il 2 di febbraio in ricordo della presentazione di Maria al tempio quaranta giorni dopo la nascita di Gesù. Questo in quanto per gli ebrei, dopo il parto di un maschio, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni. Le origini di questa festa sono però precedenti e sono riscontrabili, in diverse forme ma tutte con lo stesso significato, in varie regioni del continente europeo. Ai tempi dell’antica Roma troviamo infatti la celebrazione dei Lupercalia, rituali che si celebravano alle Idi di febbraio, per i romani l’ultimo mese dell’anno, che consistevano in pratiche di purificazione/propiziazione prima dell’avvento dell’anno nuovo e a propiziarne la fertilità. Un’altro momento particolare della festa era la ‘februatio’, la purificazione della città, in cui le donne giravano per le strade con ceri e fiaccole accese, simbolo di luce. Proprio da quel termine deriva il nome corrente del mese di febbraio. Nella tradizione celtica questa ricorrenza viene chiamata invece Imbolc (da imbolg – nel grembo) e risulta particolarmente legata alla Dea Brigit (o Brigid), divinità del fuoco, della tradizione e della guarigione; anche questa festa subì delle trasformazioni con l’avvento dell’era cristiana e l’antica Dea venne sostituita da santa Brigida, a cui vengono attribuite tutte le caratteristiche della divinità, in particolare quella del fuoco sacro. Sempre in merito alle origini italiche della Candelora, nel “Lunario Toscano” dell’anno 1805 si ritrova questo testo: “La mattina si fa la benedizione delle candele, che si distribuiscono ai fedeli, la qual funzione fu istituita dalla Chiesa per togliere un antico costume dei gentili, che in questo giorno in onore della falsa dea Februa con fiaccole accese andavano scorrendo per le citta’, mutando quella superstizione in religione e pieta’ cristiana”. Per la cronaca, i gentili erano i pagani e la Dea Februa era Iunio Februata (Giunone purificata), che veniva celebrata a Roma alle Calende di febbraio. Quindi, la purificazione di Maria fu fatta coincidere (per sostituirsi poi del tutto o quasi) con la festa pagana dedicata a Giunone e ai Lupercali. L’usanza di benedire le candele pare invece essere di origine francese e successiva alla processione (è documentata a Roma tra IX e X sec.)

SAN BIAGIO

Feste di febbraio a Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno - Marche - Italia)
La fiaccolata, la "fochera" e i cibi rituali nella solennità di S. Biagio Vescovo e Martire.
A Monsampolo il culto di S. Biagio è molto antico, almeno stando allo Statuto comunale del 1546 che lo contempla nel novero dei santi da venerare con particolare attenzione.
Il primo luogo di preghiera fu un oratorio eretto in contrada Pagliare con l' affresco del santo, ma nel secolo XVII il bisogno di uno spazio maggiore determinò la costruzione dell' attuale chiesa per le celebrazioni domenicali e di precetto a beneficio degli abitanti di Pagliare e Valle Cecchina (le "Coste").
Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti della storia traghettando fino ad oggi la festa di S. Biagio, che ogni 3 febbraio attira credenti provenienti da ogni dove per la protezione dei mali della gola.
Anche nell' edizione 2024, nel rispetto della consuetudine, i festeggiamenti iniziano la sera di vigilia con la pittoresca fiaccolata Monsampolo-Pagliare, culminante con la "fochera di S. Biagio" e la degustazione della "fava 'ngreccia".
Nel giorno della festa il santo viene onorato con alcune messe e una processione, nell' ambito delle quali il sacerdote dispensa la benedizione della gola con le candele incrociate sul collo; quindi, il Comitato, con spirito solidale e conviviale, offre agli intervenuti le "ciambelle di S. Biagio" e i cantucci innaffiati con un bicchiere di vino cotto.
Conclusa la festa e svanito l' affollamento, la contrada ritorna alla semplicità della vita ordinaria tra il verde e gli ulivi che da secoli la caratterizza.

La vita di San Biagio

Vissuto tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia (Asia Minore), era medico e venne nominato vescovo della sua città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana; per punizione fu straziato con i pettini di ferro, che si usano per cardare la lana.

San Biagio muore martire tre anni dopo la concessione della libertà di culto nell'Impero Romano (313), morendo decapitato. Una motivazione plausibile sul suo martirio può essere trovata nel dissidio tra Costantino I e Licinio, i due imperatori-cognati (314), che portò a persecuzioni locali, con distruzione di chiese, condanne ai lavori forzati per i cristiani e condanne a morte per i vescovi.

Pochissimo di certo sappiamo sulla vita del santo. Le poche storie sulla biografia dell'armeno sono state tramandate prima oralmente e poi raccolte in agiografie, come in quella famosa di Camillo Tutini, Narratione della vita e miracoli di S. Biagio Vescovo e Martire (Napoli, 1637).

Nel sinassario armeno, al giorno 10 febbraio, si legge un compendio della vita del santo:

«Nel tempo della persecuzione di Licinio, imperatore perfido, san Biagio fuggì, ed abitò nel monte Ardeni o Argias; e quando vi abitava il santo, tutte le bestie dei boschi venivano a lui ed erano mansuete con lui, egli le accarezzava; egli era di professione medico, ma con l'aiuto del Signore sanava tutte le infermità e degli uomini e delle bestie ma non con medicine, ma con il nome di Cristo. E se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, il santo con la preghiera l'estraeva, e sin da adesso ciò opera; se alcuno inghiotte un osso, o spina, col solo ricordare il nome di S. Biagio subito guarisce dal dolore. Una povera donna aveva un porco, il quale fu rapito da un lupo; venne la donna dal Vescovo, e con pianto gli fece capire come il lupo aveva rapito il suo porco; allora il Santo minacciò il lupo, e questo rilasciò il porco. Fu ad Agricolao accusato il Vescovo, il quale mandò soldati, che lo condussero avanti ad esso; il giudice gli fece molte interrogazioni, ed egli in tutta libertà confessò, che Cristo era Dio, e maledisse gli idoli, e i loro adoratori, e però subito fu messo in prigione. Sentì la vedova, che il Vescovo era stato messo in prigione, uccise il porco, cucinò la testa e i piedi d'esso, e gli portò al Vescovo con altri cibi e legumi: mangiò il Santo, e benedisse la donna, e l'ammonì, che dopo la sua morte ciò facesse ogni anno nel giorno della sua commemorazione, e chi ciò facesse in memoria di lui sarebbe la sua casa ricolma d'ogni bene. E dopo alcuni giorni levarono il santo dalla carcere, e lo portarono davanti al giudice, e confessò la sua prima confessione, e chiamò gli idoli demoni, e gli adoratori degli idoli chiamò adoratori del demonio. Si sdegnò il giudice: legarono il Santo ad un legno, e cominciarono coi pettini di ferro a stracciargli la carne, e appresso lo deposero e portarono in carcere. Sette donne lo seguirono, le quali col sangue del Santo ungevano il loro cuore e volto: i custodi delle carceri presero le donne, e le portarono al giudice, e le sante donne confessarono, che Cristo era Dio; furono rilasciate; ma le donne non contente di ciò andarono dagli idoli, e sputarono esse in faccia, e racchiusi tutti in un sacco, e quello legato fu da esse gettato in un lago. Ciò fatto tornarono al giudice dicendogli: «Vedi la forza dei tuoi dei, se possono uscire dal profondo lago.» Comandò il giudice, che si preparasse il fuoco, e piombo liquefatto, spade, pettini di ferro, ed altri tormenti; a dall'altra parte fece porre tele di seta, ed altri ornamenti donneschi d'oro, d'argento e disse alle donne: «Scegliete quel che volete.» Le donne pure gettarono le tele nel fuoco, e sputarono sopra gli ornamenti. Si sdegnò il giudice, e comandò che si apprendessero, e con pettini di ferro fece dilacerare il corpo, e poi le gettarono nel fuoco, da cui uscirono illese, e dopo molti tormenti tagliarono ad esse la testa, e così consumarono il martirio. Ma il Santo Biagio lo gettarono nel fiume, ed il Santo si sedette sopra l'acqua quasi sopra un ponte. Entrarono nel fiume 79 soldati per estrarre il santo, e tutti s'affogarono, ed il Santo uscì senza danno: lo presero per tagliargli la testa; e quando arrivarono a quel luogo, orò lunga orazione e domandò a Dio, che se alcuno inghiotte osso, o spina, che gli si attraversi la gola, e senta dolore, e preghi Dio col nominar lui, subito sia libero dal pericolo. Allora calò sopra di lui una nuvola, e si sentì da quella una voce che diceva: «Saranno adempiute le tue domande, o carissimo Biagio: tu vieni, e riposa nella gloria incomprensibile che ti ho preparato per le tue fatiche.» Appresso tagliarono la testa al Vescovo Biagio nella città di Sebaste. Uno chiamato Alessio prese il corpo del Santo Biagio Vescovo, e lo ravvolse in sindone monda, e lo seppellì sotto il muro della città, dove si fanno molti miracoli a gloria del nostro Dio Gesù.»