05 ottobre 2007 ore 18.38
La formazione del responsabile alla DEMOCRATICITA' ED ALLA PARTECIPAZIONE
05 ottobre 2007
ore 18.38
AZIONE CATTOLICA DEI RAGAZZI – DIOCESI DI ASCOLI PICENO
La formazione del responsabile
ALLA DEMOCRATICITÀ e PARTECIPAZIONE

• Linee generali
Democraticità, unitarietà e partecipazione costituiscono i tratti caratteristici del responsabile di AC e più precisamente le dimensioni della vita associativa nelle quali si cresce insieme, come soci e come responsabili.
Costruire l'associazione in modo unitario e democratico, e così pure formare con questo stile, non è però un fatto scontato; c'è sempre, e per tutti, il rischio di abbandonare la strada lunga ed impegnativa delle regole oppure trincerarsi dentro di loro a discapito delle persone, dell'associazione, perché no della Chiesa stessa. L'esercizio della responsabilità come servizio competente non può prescindere dall'acquisizione d'alcune conoscenze - base e di comportamenti improntati ad uno stile democratico e unitario, di partecipazione ai vari organismi della vita associativa. Per chi intraprende il servizio di responsabile associativo è indispensabile la conoscenza dello Statuto e del Progetto ACI .
La formazione dei responsabili alla partecipazione è condizione fondamentale per esprimere sul piano personale e associativo la corresponsabilità per la vita della Chiesa e della società e per l'esercizio maturo della laicità.
Sul piano associativo il responsabile deve sentirsi pienamente coinvolto nella vita di gruppo d'appartenenza per maturare: una visione globale sull'intera esperienza associativa, per acquistare uno stile di lavoro capace di sostenere il senso d'appartenenza di ogni aderente a lui affidato.
Il responsabile va aiutato continuamente a capire che la missione non è opera di navigatori solitari, che essa non è altro che l'espressione del dinamismo della comunione ecclesiale, perchè ogni cristiano partecipa alla vita e alla missione della Chiesa secondo la sua vocazione ma nella logica della comunione.

• Obiettivi:
1. Al pensare e all'operare con democraticità ed unitarietà, ci si educa anzitutto nella vita di gruppo e nella partecipazione alla vita associativa ed ecclesiale;
2. Maturare la convinzione che la partecipazione è una dimensione fondamentale della vocazione laicale;
3. Sviluppare la capacità di discernimento di ciò che accade sul piano sociale e politico per coglierne il senso e guardare al di là della situazione presente;
4. Maturare uno stile di presenza sostenuto dalla capacità di confronto, di dialogo, di ascolto anche di persone di diversa estrazione culturale;
5. Far vivere la responsabilità come partecipazione corresponsabile alla comunione e missione della Chiesa.

• Metodo:
L'incontro formativo di équipe, come luogo di educazione all'accoglienza alla comunicazione e alla comunione. Di volta in volta sarà presente un amico che ci aiuterà a riflettere sul tema con cui scambieremo le idee suscitate dallo studio personale, che poi avrà il compito di tirare le conclusioni e di indicarci eventuali piste di lavoro.
• Strumenti :
IV area PFAU pag. 229-299; Un cuore per l'organizzazione, in Nuova Responsabilità anno VI n°5-6, del 1992, Responsabile? Si, ma insieme anno VII, n° 8 del 1993

• Documenti per lo studio personale

1. La Struttura
Adesso andiamo proprio nel concreto. Perché ci sia una dinamica associativa occorre un'associazione e perché un'associazione stia in piedi deve avere una struttura.
Per struttura, infatti, si intende l'insieme delle parti che tengono in piedi una determinata cosa. Vedendo un edificio in costruzione, per primi vediamo costruire dei piloni che partono dalle fondamenta, arrivano al tetto e si intersecano ai vari piani con delle solette. Quella è la struttura di quell'edificio.
Essendo noi un'organizzazione (un'associazione organizzata per la precisione) abbiamo una struttura stabile e definita. Le strutture non servono a sé stesse, ma ad altre cose. La nostra struttura non è lì per tenere in piedi sé stessa. Bisogna vedere come e perché noi ci diamo questa struttura. Ci sono aggregazioni o gruppi che preferiscono farne a meno. Noi no, tanto più che essa ci qualifica davanti alla comunità?
Osservando bene, noi vediamo che questa struttura ci fa subito venire in mente altre realtà. C'è una ragione. La nostra struttura, con la sua stabilità ed organicità, ha delle analogie. E' analoga alla Chiesa, alla persona, alla storia.
Ad esempio, una capanna è analoga ad una casa perché tutte e due ospitano delle persone. Possiamo dire che due cose sono analoghe quando hanno delle somiglianze abbastanza forti, o quando una fa pensare all'altra. Come se, vedendo l'una trovassimo in trasparenza l'altra, o ci suggerisse di cercarla.
Adesso, dopo aver ricordato che la nostra struttura è analoga ad altre realtà e dopo aver accennato al significato dell'analogia, comprendiamo meglio perché la nostra struttura non serve a sé stessa. Noi vogliamo che sia analoga ad un'altra, perché ci rimandi a quella altra. Allora andiamo a vedere queste analogie.
Anzitutto la nostra struttura è analoga Chiesa. In altre parole si modella sulla Chiesa e noi vogliamo
che, vedendola, si veda la Chiesa. Inoltre è analoga alla Chiesa perché vuole servire la Chiesa serva del Signore; nella Chiesa, rimanda al mistero grande dell'incarnazione. Cosi, per noi, servire attraverso una struttura che non sta isolata ma è incarnata, significa star dentro le situazioni, le comunità, il territorio.
Poi la nostra struttura è analoga alla persona. Vuoi dire che fa’ pensare, così come è fatta, agli interessi veri della persona. Infatti, è costruita in modo da servire alla persona, a seconda di quello che richiede la sua crescita e a seconda delle sue stagioni e delle sue condizioni. La persona umana ha una sua struttura e va servita perché assuma pienamente le sue responsabilità.
E ancora, la nostra struttura è analoga alla situazione storica. Vuol dire che fa pensare al nostro Paese, non quello del passato ma quello d’ oggi. In questo Paese va fatto un lavoro per promuovere l'uomo e per educarlo. Questo lavoro ha bisogno di sostegno, di stimolo, di aiuto. L'opera della nostra associazione fornisce sostegno, stimolo e aiuto attraverso la gente che in essa si forma e lavora nelle strutture civili, o semplicemente nell'ordinarietà della sua vita di cittadini.

2. I criteri della struttura
Per questi motivi la struttura che ci diamo richiede una delicata attenzione, nel comprenderla e anche nell'attuarla. Infatti dobbiamo darci delle garanzie ed aiutarci con dei riferimenti precisi per evitare confusioni e incomprensioni.
Anzitutto ci vogliono dei criteri per guidare la struttura; essi sono il fondamentale luogo della verifica del suo funzionamento: questo è il primo riferimento.
Quando diciamo criteri diciamo punti fissi irrinunciabili. Essi sono: l'obiettivo o fine, il metro di confronto, il soggetto. Esaminiamo uno per uno questi criteri.
Il fine della struttura associativa è la comunione, nell'ampiezza che questo termine indica.
La comunione è l'esperienza dell'amore e della reciproca carità, come dono di unità che viene dall'alto. E’, inscindibilmente, anche l'espansione e il contagio della comunione. Essa diventa così servizio di tutta la comunità cristiana perché ogni donna e ogni uomo, tutta la storia, si facciano sempre più accoglienti del dono della comunione che viene da Dio.
E' necessario non dimenticarsi mai che questo è il fine ultimo, ma non per questo astratto o teorico, bensì reale e vero.
Il metro di misura della struttura associativa è la persona che resta nell’ esperienza concreta la verifica della sua umanità, della sua autentica capacità di camminare con la Chiesa, l'uomo, la storia.
È la persona che costituisce il perno dell'intero sistema associativo. E' un perno che chiede di essere rispettato, valorizzato, amato. Tutto ciò che schiaccia, nega o viola la persona non può servire la comunione che viene da Dio. Sono le persone vive, libere, responsabili, (potenziate e promosse dal loro appartenere pienamente all'associazione) che verificano se la struttura funziona o no. Solo facendo riferimento alle persone concrete si capisce se la struttura serve davvero come aiuto.
In modo quasi inevitabile, il soggetto pieno e primo della struttura è l'aderente. Egli nella costruzione e nel funzionamento dell'associazione, vede crescere la propria coscienza ecclesiale ed una laicità autentica e feconda per la Chiesa stessa e per il mondo. L'aderente, con la sua scelta di "esserci" (nell'associazione), costituisce il riferimento personale e responsabile che vive la struttura come propria. Solo così i vari livelli di responsabilità elettive e no dell'associazione hanno significato: rappresentano una forma particolare di servizio che, in momenti specifici e per tempi limitati, l'aderente prende su di sé per servire tutta l'associazione.

3. I caratteri della struttura
Dopo i criteri, occorre rifarsi ai caratteri struttura: questo è il secondo riferimento.
Per caratteri intendiamo il senso più comune di questa parola: quando si dice "il carattere" di uomo o di una donna si dice come è conformata la sua persona, ciò che determina il suo comportamento e la sua azione. E' il modo proprio e distintivo con cui si esprime, si manifesta, si mette relazione.
Così per noi i caratteri della struttura manifestano, esprimono l'associazione e insieme ci aiutano a comprendere noi stessi.
Il primo carattere è la gratuità: una struttura che, proprio per essere trasparente, è sotto il segno del totale disinteresse, dell'autentico dono. Se funziona, la struttura serve alle persone e alla crescita proprio perché nessuno "si serve" della struttura e questa non si serve delle persone.
Il secondo carattere è la reciprocità: la scelta dell’unitarietà diventa, nel concreto, esperienza di scambio reciproco e di arricchimento. In questo la struttura deve aiutarci a comprendere e valorizzare il contributo di ognuno e favorire la corresponsabilità nell'amministrazione di quel bene di tutti che è la vita associativa.
Il terzo carattere è il dialogo: come metodo e come atteggiamento di fondo. La struttura
comprende e ama tutto ciò che è umano, è attenta a tutto e in modo vigile vuole ascoltare. E'
consapevole che solo con questa fatica essa vive ed evita il rischio della rigidità, della mancanza di
sviluppo e della morte.
Il terzo carattere della struttura è la disciplina come educazione e tensione degli aderenti, e dei gruppi a scegliere le priorità in rapporto a Gesù Cristo, a saper dare un ordine alle cose mettendo al primo posto ciò che è più importante e in rapporto alla intera comunità cristiana del cui bene ciascuno è responsabile.
C'è poi un carattere un po' speciale, che si colloca accanto agli altri ma con un rilievo molto particolare per il suo significato anche concreto nella gestione della struttura: è la democraticità che qualifica l'AC come esperienza di libertà e di responsabilità dei laici nella Chiesa.
Questo carattere si esprime in primo luogo nella composizione degli organi dell'associazione ai vari livelli (assemblee, consigli, presidenze…) che avviene sempre mediante la partecipazione corresponsabile ad essi.
E' un carattere che non si esaurisce in questo, né tantomeno nella sola elezione dei responsabili: è quella che potrebbe essere detta una democraticità diffusa, animata e mossa dal dialogo, dalla reciprocità, dalla gratuità.
Inoltre la democraticità rimanda e traduce nella nostra realtà associativa il "principio della corresponsabilità ecclesiale", rimanda allo speciale rapporto con la gerarchia, rimanda alla scelta della popolarità come metodo.

4. Lo stile della struttura
Dopo criteri e caratteri, va visto lo stile della struttura: questo è il terzo riferimento. Dicendo stile intendiamo l'atmosfera, il modo, l'ambiente che impregna di sé quello che siamo, quello che facciamo. E' difficile esprimersi circa lo stile, perché lo stile, come tutti sanno per esperienza, è qualcosa che si apprende, quasi impalpabilmente nel rapporto tra persone. Ognuno di noi ricorda il tratto e i gesti dei mille amici incontrati e che ci hanno mostrato attraverso il loro stesso modo di essere e attraverso la loro amicizia uno stile di calore e discrezione, espressione di un tessuto di rapporti umani.
Per noi fondamentale è, ancora una volta, la fedeltà al messaggio evangelico. Esso diviene, qui scelta di condivisione e servizio che l'AC matura in particolare attraverso la sua continua relazione con la famiglia. Ciò rende la struttura associativa accogliente - quasi custode - dell'originalità di ciascuno, con un tale rispetto e amore per la diversità che la vita associativa e comunitaria diventa per ciascuno occasione quotidiana di convertirsi al Signore.
Si tratta, per dirla semplicemente, di prendere ogni persona com'è, poiché è con quelli che ci sono (e così come loro sono) che potremo fare strada. Si tratta di accogliere le persone non "nonostante" la loro situazione e collocazione concreta, ma proprio in conseguenza di essa e fare un cammino a partire da lì, scoprendo che l'itinerario per gli altri è anche e sempre itinerario per noi.
Tutto questo è reso possibile solo dalla fedeltà e perseveranza dell'associazione. L'accoglienza delle persone e il camminare con loro chiedono una certa stabilità, continuità e pazienza.
Segno concreto e sempre rinnovato di questa fedeltà è l’adesione, che esprime l'appartenenza alla struttura e soprattutto il libero e reciproco affidarsi ciò che più si crede, si spera e si ama. L’adesione, il gesto concreto di prendere la tessera, non è un gesto qualsiasi: è assumersi la responsabilità delle scelte associative e, insieme, offrire e affidare ciò che si è.
L’adesione fa dunque parte dello stile della struttura, così come la pensiamo e vagliamo. E' un fatto di stile dare questa adesione in modo esplicito e formale, perché solo delle persone vere fanno un gesto di impegno una per una e non buttano semplicemente nel mucchio. E' un fatto di stile impegnarsi davanti a qualcuno (anzi, alla comunità) con un atteggiamento non già seminascosto e privato, ma pubblico.

5. Il "dove" della struttura
Abbiamo parlato delle analogie che la struttura vuole assumere: analoga alla Chiesa, alla persona, alla storia.
Per questo il suo "dove" non può essere casuale. Deve essere scelto nel modo più idoneo perché essa si possa esprimere.
In analogia alla Chiesa, perciò, la struttura vive la sua comunione con l’universalità della missione cattolica e incarnandosi in una Chiesa locale. Ha perciò il suo centro vitale nell'associazione diocesana.
Può sembrare scontato, ma è per l'AC scelta di riaffermare costantemente: responsabile prima della vita dell'associazione e luogo di costante apertura alla universalità è la struttura diocesana.
Questo servizio e questa comunione nella Chiesa Diocesana si articola in Associazioni parrocchiali, interparrocchiali e gruppi di movimento. La parrocchia è infatti per l'associazione il luogo ordinario di ogni impegno pastorale perché è l'esperienza di Chiesa concretamente presente là dove la gente vive, lavora, prega, soffre. Lì camminiamo con coloro che il Signore ha voluto metterci a fianco, là dove sono e così come sono. La parrocchia è per noi la scelta di accettare concretamente questa storia concreta quella che ci è data, senza fughe in avanti, né rifugi nello spiritualismo e nell'idealismo. Nella parrocchia l'associazione vive un particolare rapporto con le famiglie. Insieme con loro realizza il progetto educativo - formativo. Insieme con loro lavora al progetto missionario della comunità.
Questo rapporto AC - famiglia è essenziale perché la famiglia (che a sua volta deve essere evangelizzata) è Chiesa domestica e come tale è la prima, originale ed insostituibile scuola di santità.
Lavorando alla crescita di famiglie coscienti di essere Chiesa, l'AC opera ad impiantare la Chiesa con un modo tipico dei laici, facendo esplodere la loro profezia.
Il discorso non resta fermo alla parrocchia. Come abbiamo visto, le associazioni parrocchiali sono il tessuto vivo che costruisce il cuore della vita associativa che è la realtà diocesana: come le Chiese particolari hanno una loro centralità nel ritrovarsi intorno al Vescovo in una Chiesa locale, così l'associazione sceglie il livello diocesano.
L'interscambio e la comunicazione tra associazione diocesana e associazioni parrocchiali è
uno dei punti delicati ed essenziali per la struttura associativa: la vita propria di ognuno dei due livelli è fondamentale.
L'associazione parrocchiale è il luogo concreto dei gruppi, dei servizi, dell'incontro denso con persone, del cammino condiviso giorno per giorno, settimana per settimana, nella collaborazione attiva con il Parroco.
L'associazione diocesana è il luogo della promozione per le parrocchie che non hanno AC e dell'aiuto reciproco, dell'incontro qualificato, del confronto più sereno, del coordinamento con la Chiesa diocesana e le sue scelte, del rapporto vivo con il Vescovo.
Le associazioni diocesane, poi trovano collegamento nel livello regionale che coordina la vita associativa, in collaborazione con il livello nazionale e può favorire la cooperazione tra gruppi di Diocesi, la ricerca intorno ad obiettivi comuni e specifici: a servizio di tutte le Diocesi e in particolare di quelle che faticano di più. In ciò collabora con le Conferenze Episcopali Regionali. Di queste per altro, è a disposizione per la divulgazione degli indirizzi pastorali. L'associazione nazionale, luogo qualificato d’incontro, coordinamento, verifica e promozione delle associazioni diocesane, offre il contributo alla elaborazione e alla realizzazione dell'opera pastorale della Chiesa Italiana e si preoccupa di sensibilizzare gli aderenti in ordine ai problemi del paese, come di formarne e di sostenere l'impegno concreto.
Così il servizio dell'AC, pur radicato nelle diocesi e nel loro territorio, la rende partecipe della crescita della Chiesa universale, della Chiesa che è in Italia e del Paese nel suo insieme.
Nella consapevolezza poi che un autentico servizio oggi non può prescindere dal più ampio contesto della Chiesa Universale, da segni di comunione con il successore di Pietro, pastore di questa Chiesa Universale e dall'attenzione all'intera comunità degli uomini di questo tempo, l'AC nazionale è attenta a garantire e a far crescere sempre più quella sintonia con il ministero del Papa che caratterizza la storia e la via della Associazione. Inoltre, sempre riferendosi all'universalità della Chiesa, s’impegna a realizzare rapporti internazionali d'amicizia, riflessione e preghiera con le
associazioni di AC presenti negli altri paesi del mondo.

6. In collaborazione: struttura di comunione
Ci sembra dunque evidente, per i motivi fino a qui indicati, come la struttura associativa abbia sempre tentato di agire pienamente inserita nel tessuto ecclesiale.
Proprio per ciò che vuole essere non può non tentare di diventare motore costante di comunione con tutte le realtà che agiscono.
Perciò, la struttura associativa nel suo insieme si rapporta agli organismi ecclesiali - uffici e consigli pastorali - offrendo il suo attivo e qualificato contributo di associazione di laici, alla progettazione e realizzazione dei piani pastorali.
Proprio perché a servizio della Chiesa locale nel suo insieme l'AC promuove unità e collaborazione con gruppi, movimenti e associazioni ecclesiali, accogliendo con fedeltà e con gioia la consegna del Santo Padre: essere una grande forza di unità intraecclesiale. L'AC partecipa con responsabilità alla Consulta dell'Apostolato dei laici ai vari livelli.
Dal PFAU IV area pag. 237-250

7. La scelta religiosa
La scelta che l'AC ha perseguito, con chiarezza e coerenza, in sintonia con tutta la Chiesa del Concilio, oggi si configura come missionaria. Si basa sull'estrema attenzione all'essenziale della vita e dell'annuncio cristiano e quindi chiede l'educazione ad una lettura religiosa della storia, "che si presenta, da un lato, come segno positivo della salvezza che viene e dall'altro come ostacolo alla realizzazione del Regno di Dio" (PFAU, p. 181).
Questa scelta fondamentale, perciò, non ha mai giustificato il disimpegno né la disattenzione alle vicende della storia. Non potrebbe essere diversamente: tutta la Chiesa, infatti, e in essa e con essa i fedeli laici è immersa nel mondo perché il mondo sia immerso nel mistero di Morte e di Resurrezione del Signore Gesù.
La scelta religiosa è quindi il nostro modo di essere, responsabilmente, "laici nella Chiesa e cristiani nella società"; persone che, fedeli alla propria vocazione laicale, vogliono vivere in pienezza la loro identità (unica e irripetibile) di membri della Chiesa e della società, di cittadini allo stesso tempo della città di Dio e della città dell'uomo.
Di conseguenza, la scelta religiosa è venuta sempre più precisandosi come scelta religioso - pastorale, intesa come "assunzione ordinaria dei compiti primari della Chiesa... Non quindi distacco né indifferenza per le questioni sociali e per le loro implicazioni politiche, ma un singolare modo di esaminare e di affrontare tali problemi..." (Lettera del Consiglio permanente della CEI al Presidente Nazionale ACI, 1976). Tutto ciò si realizza nell'educazione delle coscienze al discernimento, attraverso adeguati itinerari formativi (spirituali, catechetici ed etico - culturali) proposti alla gente nelle diocesi e nelle parrocchie.
Da questa scelta ne sono scaturite altre che caratterizzano l'identità dell'AC.

8. La scelta di corresponsabilità - democraticità.
L'AC è profondamente solidale con le scelte pastorali dell'intera comunità ecclesiale, e si sente chiamata ad un esercizio quotidiano e costante di responsabilità laicale nel contribuire a realizzare la comunione della Chiesa; essa è "forza di comunione intraecclesiale" (Giovanni Paolo II), e la comunione è la premessa indispensabile per un servizio più efficace alla nuova evangelizzazione, perché solo una Chiesa riconciliata, che vive nella comunione, che cammina grazie alla partecipazione di tutti, è in pienezza capace di evangelizzare.
Partecipare alla pastorale diocesana (che, sotto la guida del Vescovo, è una sola e vale per tutte le parrocchie) sia nella fase dell'elaborazione che in quella dell'attuazione è il modo concreto di esercitare questa corresponsabilità.
Proprio per il suo carisma di diretta collaborazione con pastori "l'AC è chiamata ad essere promotrice della pastorale diocesana e parrocchiale" (Evangelizzazione e testimonianza della carità, 29).
La democraticità dell'Associazione si esprime in modo particolare quando , ogni tre anni, a tutti i livelli (parrocchiale, diocesano, nazionale) tutti gli aderenti sono chiamati a riunirsi in assemblea per esprimere la loro partecipazione diretta con il voto. In questo modo i soci scelgono i nuovi responsabili associativi, che guideranno direttamente l'Associazione nei tre anni successivi.
Questo esercizio di democrazia ha anche un notevole valore educativo, perchè non porta nessuno a vivere da leader indiscusso la responsabilità associativa diretta che gli è stata affidata per un periodo di tempo limitato.
L'essere stati eletti dalla base dà ai responsabili il compito umile di accompagnare il cammino dell'Associazione lungo il triennio, attraverso la capacità di fare scelte attente al bene degli aderenti (ragazzi - giovani adulti - studenti - lavoratori - educatori ...) e al bene della Chiesa.

9. La scelta associativa
La scelta d'essere Associazione è un modo preciso di essere e sentirsi Chiesa, nei luoghi ordinari della Chiesa.
Innanzitutto nelle Chiese particolari: la diocesi, nella quale, "nella misura in cui è conservata l'unità profonda, la Chiesa universale esiste e si manifesta" (LG 23; ChL 25) e la parrocchia, che è "la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie" (ChL 26). Scegliamo di vivere la nostra adesione al Vangelo e alla Chiesa non da singoli battezzati, ma costituendoci in un'Associazione che è luogo quotidiano di formazione laicale, nella valorizzazione delle condizioni e delle età di ciascuno.
Ci costituiamo in Associazione per servire in modo più organico la Chiesa; per rispondere con più incisività alle domande e ai bisogni che vengono dalla società, a partire dalla parrocchia dove "la comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione più immediata e visibile".
La nostra scelta associativa non è allora un di più, ma è il modo in cui ci alleniamo nel servizio a Dio e all'uomo.
E allora, in relazione alla domanda che spesso ci viene fatta: perché associarsi nella Chiesa, e, in particolare, associarsi nell'AC?, ci sono risposte semplici e convincenti, che vengono innanzitutto dal Concilio:
 perché "l'apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei
fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in
Cristo che disse: dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro" (AA 18);
 perché i laici che scelgono l'AC "agiscono in guisa di corpo organico affinché sia meglio
espressa la comunità della Chiesa e l'apostolato riesca più efficace" (AA 20);
 perché l'AC è una scuola permanente che forma alla santità e all'apostolato; una palestra di
vocazioni laicali autentiche, capaci di concorrere, con la propria identità associativa, a
edificare comunità credenti che sono tanto più ricche quanto più sono varie; tanto più
comunionali quanto più sono multiformi.
L'esperienza di questa nostra Associazione esprime la profonda unità della Chiesa e ne è un esempio, proprio per il suo essere "una singolare forma di ministerialità laicale volta alla plantatio ecclesiae, in stretta unione con i ministeri ordinati" (Paolo VI).
In sintesi questo è il frutto dell'insegnamento del Concilio e del magistero postconciliare, fatto proprio e mediato dall'AC.
Essi trovano una conferma e un arricchimento ulteriori nel magistero indirizzato da Giovanni Paolo II all'AC soprattutto al n. 31 dell'esortazione apostolica Christifideles laici
Da Insieme nell'AC proposte per vivere meglio L’ACI cap II


Clicca su download per scaricare il sussidio in veste grafica