17 maggio 2013 ore 12.15
La preghiera di Gesù
17 maggio 2013
ore 12.15
S. BENEDETTO DEL TRONTO 10 MAGGIO 2013

LA PREGHIERA DI GESÙ

Introduzione

Il tema che mi è stato assegnato è certamente uno dei più interessanti per la vita di un cristiano. In effetti, se ci pensiamo bene, per ogni uomo la preghiera è lo strumento più comune per poter sperimentare la relazione con Dio. Possiamo allora farci una domanda: come ha pregato Gesù e quindi, in altri termini, che tipo di relazione emerge rispetto al Padre. Non a caso il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica quando parla della preghiera (nn. 541-547) lo fa in riferimento a Gesù in cui essa si attua e si rivela pienamente.
Per compiere questo percorso di riflessione sulla preghiera di Gesù farò riferimento alle omelie di Benedetto XVI tenute in occasione delle udienze generali del mercoledì nel periodo compreso tra il 30 novembre 2011 e il 07 marzo 2012.
Uno sguardo generale sui Vangeli ci permette di dire che Gesù ha pregato frequentemente, ritirandosi in luoghi deserti (Mc 1,35; Lc 5,16; 6,12; 9,28), preferibilmente di notte o prima dell'alba (Mc 1,35; 6,46-47; Lc 6,12). La preghiera scandisce ogni sua attività, sia essa ordinaria che circostanziale, ossia compiuta in momenti particolari . Gesù prega prima di prendere le decisioni più importanti: il battesimo (Lc 3,21), la scelta del dodici (Lc 6,12), prima di conferire il primato a Pietro (Lc 9,18), nella trasfigurazione (Lc 9,28), prima della Passione (Mt 26,36ss), ed infine sulla croce per poter affrontare la morte. Ciò che emerge dall'analisi della preghiera di Gesù è il legame irrinunciabile che esiste tra la preghiera e l'impegno etico. Dunque la preghiera del cristiano non può chiudersi in se stessa, trasformandosi in un vuoto ritualismo, ma deve diventare sorgente per le decisioni morali del credente .
Nel quadro della rivelazione biblica si dispiega una logica precisa cioè la relazione inscindibile tra la fede e la preghiera. Per pregare bisogna credere, allo stesso tempo, per credere occorre pregare. La preghiera non è altro che l'espressione della fede, è il momento nel quale il rapporto con il Signore assume il carattere di risposta alla chiamata d'amore di Dio . In questo senso la preghiera di Gesù diventa il modello per la preghiera cristiana perché evidenzia l'andare “per Cristo al Padre” (Ef 5,20; Col 3,17). La preghiera è il segno che l'uomo è fatto per Dio; ed è, insieme, un tentativo impaziente di accelerare il tempo per ritrovarsi con lui. Non a caso, un grande gesuita francese, tale Pierre Teilhard de Chardin, diceva a proposito della vita dell'uomo: “... é un andare verso colui che viene”. Si, la preghiera anticipa l'incontro finale per questo si carica di attese e speranze, si carica di tutta la vita dell'uomo.
La preghiera, come la fede, non è un ragionamento, ma un atto della libertà. Appartiene alla dimensione del dono offerto e accolto , il che presuppone nell'uomo l'apertura all'azione dello Spirito Santo, il “maestro della preghiera” . In effetti, la preghiera esprime al meglio la condizione umana, la condizione di figliolanza, la condizione di chi domanda, di chi dipende totalmente da un Altro che fa tutte le cose e allo stesso tempo la gioiosa gratitudine per la presenza di Dio nella storia.
In ultima analisi, la preghiera di Gesù esprime la sua totale adesione al disegno del Padre; un'adesione che è affidamento e accoglienza; è riconoscimento del suo essere Figlio, e dunque dell'intimità che lo lega a lui. Cristo testimonia il movimento amorevole di risposta al Padre nello Spirito, pregare è per lui riconoscere se stesso attraverso la sua relazione con Dio. La preghiera di Gesù mostra tutta l'attenzione al piano del Padre, è maturazione delle proprie scelte nel segno del progetto del Padre e adesione incondizionata alla sua volontà. Pregando Gesù manifesta la propria figliolanza divina, mistero unico, originale e irripetibile. Per questo Gesù si ritira, non gli è sufficiente parlare con gli uomini: avverte un vuoto che solo il Padre può colmare, una profondità di desiderio che solo il Padre può capire e condividere. Benedetto XVI ha definito la preghiera di Gesù come un canale segreto che ha irrigato la sua esistenza, le sue relazioni, i suoi gesti e che lo ha guidato, con progressiva fermezza, al dono totale di sé, secondo il progetto di amore del Padre .
La preghiera anche per noi è l'incontro appagante con l'Eterno sempre presente, non è riducibile ad una serie di atti, ma è prima di tutto uno stato, un habitus, un'attitudine, un modo di essere al mondo. Silenziosa come l'indifferenza di chi non trova espressione adeguata, offerta come la sofferenza degli ultimi, supplichevole come il grido di chi rifiuta la morte, gioiosa come il canto della creazione: questa è la preghiera della vita. In questa logica la preghiera non è anzitutto domanda di chi vuole avere, ma risposta di chi vuole essere.

1. La preghiera nella vita di Gesù

La preghiera ha animato l'intera esistenza di Gesù vissuta in una famiglia profondamente legata alla tradizione religiosa del popolo di Israele. Ne sono testimonianza tanti riferimenti evangelici: la sua circoncisione (Lc 2,21), la sua presentazione al tempio (Lc 2,22-24), come pure l'educazione e la formazione a Nazareth (Lc 2,39-40; 2,51-52). Trentanni, un lungo tempo di vita nascosta e feriale con esperienze di partecipazione a momenti cultuali comunitari come i pellegrinaggi a Gerusalemme (Lc 2,41). La casa di Nazareth è una vera e propria scuola di preghiera, dove si impara, ascolta, medita il significato profondo della relazione con Dio traendo esempio da Maria, Giuseppe e Gesù. Per Paolo VI la Santa Famiglia ci insegna come diventare discepoli di Cristo, “ci insegna il silenzio” .

Anche noi possiamo imitare la fede di Maria, la sua speranza e obbedienza (Lc 1,55), la sua interiorità e preghiera (Lc 1,46-56), la sua libera adesione a Cristo (Lc 1,55). Maria è il modello di ogni credente che conserva e confronta le parole e le azioni di Gesù. La presenza di Giuseppe è silenziosa, fedele, costante e operosa. Ha educato Gesù alla preghiera, lo avrà portato con sé alla sinagoga, nei riti del sabato, come pure a Gerusalemme per le grandi feste. Giuseppe avrà guidato la preghiera domestica quotidiana e da lui Gesù ha imparato ad alternare preghiera e lavoro e ad offrire a Dio anche la fatica per guadagnare il pane necessario alla famiglia. Nell'episodio del ritrovamento di Gesù dodicenne nel tempio, seduto in mezzo ai maestri (Lc 2,42-52), Luca lascia intravedere l'abitudine di orazione intima di Gesù con il Padre . In questo episodio sono registrate le prime parole di Gesù: “Perchè mi cercavate? Non sapevate che io devo essere in ciò che è del Padre mio?” (Lc 2,49). Gesù ha fatto quanto deve fare un Figlio, cioè essere presso il Padre. Gesù ci insegna come essere figli, proprio nell'essere col Padre nella preghiera così come ha insegnato ai suoi a pregare rivolgendosi a Dio con il nome di Padre. Anche oggi la famiglia può essere chiesa domestica in cui è possibile sperimentare relazioni interpersonali pienamente umane. La famiglia è la prima scuola di preghiera capace di unire con un cuor solo e un'anima sola. I bambini possono percepire la ricchezza e la bellezza della preghiera grazie all'esempio dei genitori vivendo in un'atmosfera segnata dalla presenza di Dio .
Questo stile si mantiene vivo anche nel suo ministero pubblico. Un momento particolarmente significativo della vita di Gesù è la preghiera che segue il suo battesimo. Gesù si sottopone volontariamente al battesimo di Giovanni, un battesimo di penitenza e conversione, anche se non ha peccati, ma perchè si “adempia ogni giustizia” (Mt 3,15), cioè si compia la volontà di Dio. Scendendo nel Giordano Gesù, senza peccato, rende visibile la sua solidarietà con coloro che riconoscono i propri peccati, scelgono di pentirsi e di cambiare vita. Gesù anticipa la croce, dà inizio alla sua attività prendendo il posto dei peccatori, assumendo su di sè il peso della colpa dell'intera umanità. A questo punto, l'evangelista Luca, ci riferisce di una preghiera personalissima e prolungata: “Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera” (Lc 3,21-22). Pregando Gesù dona al battesimo un tratto esclusivo e personale, mostra l'intimo legame con il Padre, sperimenta la sua paternità, coglie la bellezza esigente del suo amore, e riceve la conferma della sua missione. Alla preghiera risponde Dio stesso definendo Gesù, il Figlio suo, l'amato. In questo senso si manifesta, attraverso la preghiera, la profondità della figliolanza di Gesù e l'esperienza della paternità di Dio.
Anche noi dobbiamo imparare sempre di più, ad aprirci alla volontà del Padre, chiedere a Lui la forza di conformare la nostra vita alla sua, aderendo al suo progetto di amore. Guardando la preghiera di Gesù deve sorgere in noi una domanda: come prego?, quale tempo dedico al rapporto con Dio? Certamente la preghiera è un dono, ma chiede, tuttavia, di essere accolto; è opera di Dio, ma è anche un compito.

2. La preghiera di Gesù di fronte all'azione di Dio

Nei Vangeli sono presentate varie situazioni in cui Gesù prega di fronte all'opera sanante di Dio Padre, che agisce attraverso di lui. Si tratta di una preghiera che, ancora una volta, manifesta il rapporto di comunione tra Gesù e il Padre. Un caso significativo è la guarigione del sordomuto in Mc 7,32-37. Gesù vuole che la guarigione avvenga in disparte, lontano dalla folla e al momento di operare il segno cerca direttamente il suo rapporto con il Padre. Il racconto dice, che Egli, guardando verso il cielo, emise un sospiro (v. 34). L'attenzione al malato, la cura di Gesù verso di lui, sono legati ad un profondo atteggiamento di preghiera rivolta a Dio. É il coinvolgimento umano con il malato che porta Gesù alla preghiera. Dunque, nell'azione guaritrice di Gesù entra in modo chiaro la preghiera. La forza che ha sanato il sordomuto è certamente provocata dalla compassione per lui, ma proviene soprattutto dal ricorso al Padre.
La stessa dinamica si ripete nel racconto giovanneo della risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-44). Anche qui si intrecciano, da una parte, il legame di Gesù con un amico e con la sua sofferenza e, dall'altra, la relazione filiale che Egli ha con il Padre. Anche l'annuncio della morte dell'amico viene accolto da Gesù con profondo dolore umano, ma sempre in chiaro riferimento al rapporto con Dio e alla missione che gli ha affidato. Il momento della preghiera esplicita di Gesù al Padre davanti alla tomba, è lo sbocco naturale di tutta la vicenda, tesa su questo doppio registro dell'amicizia con Lazzaro e del rapporto filiale con Dio. Anche qui le due relazioni vanno insieme. “Gesù allora alzò gli occhi e disse: Padre, ti rendo grazie perchè mi hai ascoltato” (Gv 11,41). Potremo dire che Gesù sta celebrando una eucaristia, cioè un rendimento di grazie al Padre. Ci rivela che Gesù non ha lasciato neanche per un istante la preghiera di domanda per la vita di Lazzaro. Una preghiera continua che ha rafforzato il legame con l'amico e contemporaneamente ha confermato la decisione di Gesù di rimanere in comunione con la volontà del Padre, con il suo piano di amore, nel quale la malattia e la morte di Lazzaro vanno considerate come un luogo in cui si manifesta la gloria di Dio.
Nella preghiera di domanda al Signore non dobbiamo attenderci un compimento immediato di ciò che noi chiediamo, ma affidarci piuttosto alla volontà del Padre, leggendo ogni evento nella prospettiva della sua gloria, del suo disegno di amore, spesso misterioso e doloroso ai nostri occhi . Al di là di ciò che Dio ci dà quando lo invochiamo, il dono più grande che può farci è la sua amicizia, la sua presenza, il suo amore. Lui è il tesoro prezioso da chiedere e custodire sempre. Certamente la nostra preghiera apre la porta a Dio, che ci insegna ad uscire costantemente da noi stessi per essere capaci di farci vicini agli altri, specialmente nei momenti della prova, per portare loro consolazione, speranza e luce. In questo senso la preghiera di Gesù, animata dalla paternità di Dio e dalla comunione dello Spirito, si è approfondita in un prolungato e fedele esercizio, fino alla croce.

3. La preghiera di Gesù nell'ultima cena

Non si può parlare della preghiera di Gesù senza pensare al cenacolo e al giardino del Getsemani. Lo sfondo temporale ci riporta all'imminenza della sua morte che Egli sente sempre più vicina. Da tempo Gesù aveva iniziato a parlare della sua passione cercando di educare i suoi discepoli in questa prospettiva. L'ultima cena si inserisce in questo contesto con una grande novità di fondo. Gesù vuole vivere questo convito con i suoi discepoli donando se stesso, celebra la sua Pasqua, anticipa la croce e la Risurrezione. Il nucleo di questo momento è certamente la preghiera con cui viene istituita l'Eucaristia.
I testi neotestamentari che riportano la preghiera che introduce i gesti e le parole di Gesù sul pane e sul vino, usano due verbi paralleli e complementari. Paolo e Luca parlano di eucaristia = ringraziamento (1 Cor 11,23-25; Lc 22,19). Marco e Matteo, invece, sottolineano l'aspetto di eulogia = benedizione (Mc 14,22-25; Mt 26,26-29). Entrambi i termini rimandano alla grande preghiera di ringraziamento e benedizione della tradizione d'Israele per i conviti. É in questa preghiera, iniziata secondo le forme rituali della tradizione biblica, che Gesù mostra la sua identità e la sua missione di amore totale, di offerta in obbedienza alla volontà di Dio. Il rapporto intimo e costante con il Padre è il luogo in cui Gesù realizza il gesto di lasciare ai suoi, e a ciascuno di noi, il Sacramento dell'amore.
Luca ha conservato un ulteriore elemento prezioso degli eventi dell'ultima cena. Partendo dalla preghiera, Gesù giunge al dono eucaristico, e mentre si dona si rivolge a Pietro: “Simone, Simone, ecco Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perchè la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,31-34). In questo passaggio Gesù sorregge con la sua preghiera la debolezza dei discepoli, la loro fatica nella comprensione del mistero di Dio.
Partecipando all'Eucaristia, viviamo in modo straordinario la preghiera che Gesù ha fatto e continuamente fa per ciascuno affinché il male, che tutti incontriamo nella vita, non abbia a vincere e agisca in noi la forza della risurrezione di Cristo. Nell'eucaristia noi uniamo la nostra preghiera a quella dell'Agnello pasquale perchè la nostra vita non vada perduta, nonostante la nostra debolezza e le nostre infedeltà, ma venga trasformata. Possiamo dire che la partecipazione all'eucaristia è il punto più alto di tutta la nostra preghiera.
In Giovanni la preghiera che Gesù rivolge al Padre nell'Ora suprema della sua glorificazione è definita sacerdotale ed esprime la sua piena disponibilità ad entrare nel disegno di Dio Padre che si compie nell'essere consegnato, nella morte e risurrezione. Questa Ora inizia con il tradimento di Giuda e culmina nella salita di Gesù risorto al Padre (Gv 13-20). La glorificazione che Gesù chiede per se stesso è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale (Gv 17,5).

Il secondo momento di questa preghiera è l'intercessione che Gesù fa per i discepoli che sono stati con Lui, che gli sono stati affidati dal Padre. Al centro di questa preghiera sta la richiesta di consacrazione: “Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perchè siano anch'essi consacrati nella verità” (Gv 17,16-19). Consacrare vuol dire rendere santi, cioè essere donati totalmente a Dio. É consacrato chi, come Gesù, è dipendente da Dio in vista di un compito e per questo è a disposizione di tutti.
Il terzo atto di questa preghiera sacerdotale distende lo sguardo sulla fine del tempo. Gesù si rivolge al Padre per intercedere a favore di tutti coloro che saranno portati alla fede mediante la missione degli apostoli. “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola” (Gv 17,20). Gesù dunque, ha pregato anche per noi. L'ultima invocazione riguarda l'unità dei fedeli, tutti siano una sola cosa, come Gesù e il Padre, perchè il mondo creda (Gv 17,21). In effetti, con questa preghiera si compie l'istituzione della Chiesa. In forza di tale preghiera la Chiesa può camminare nel mondo senza essere del mondo e vivere la missione affidatale perchè il mondo creda nel Figlio e nel Padre che lo ha mandato.
Anche noi possiamo chiedere di essere “consacrati” a Lui, di appartenergli sempre di più, per poter amare i vicini e i lontani; possiamo aprire la nostra preghiera alle dimensioni del mondo, chiediamo il dono dell'unità visibile tra tutti i credenti.

4. La preghiera di Gesù nel Getsemani .

Dopo l'ultima cena con i suoi discepoli, Gesù si avvia verso il Monte degli Ulivi, anche quella notte si prepara alla preghiera personale. Ma questa volta, avviene qualcosa di nuovo: sembra non voglia restare solo, per questo invita Pietro, Giacomo e Giovanni a stargli vicino. Marco narra: “Cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: la mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate” (Mc 14,33-34). In quella paura e nell'angoscia di Gesù è ricapitolato tutto l'orrore dell'uomo davanti alla propria morte, la percezione del peso del male che tocca la nostra vita.
Poi, da solo si rivolge al Padre. “Cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora” (Mc 14,35). Gesù si mostra totalmente obbediente alla volontà del Padre, si abbandona con piena fiducia a Lui. Anche noi, nella preghiera, possiamo portare davanti a Dio le nostre fatiche, la sofferenza di certe situazioni, di certe giornate, l'impegno quotidiano di seguirlo, di essere cristiani, e anche il peso del male che vediamo in noi e attorno a noi, perchè Dio ci dia speranza, ci faccia sentire la sua vicinanza, ci doni luce nel cammino della vita.
Gesù continua la sua preghiera rivolgendosi al Padre chiamandolo “Abbà”, si tratta di un termine ebraico che veniva usato dal bambino per rivolgersi al papà con tenerezza e affetto, esprime un rapporto di fiducia e abbandono totale. Una preghiera carica di consapevolezza nell'onnipotenza di Dio: “Padre, tutto è possibile a te: allontana da me questo calice. Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,36). In Gesù la volontà umana aderisce pienamente alla volontà divina.
Il CCC sintetizza questo passaggio dicendo: “La preghiera di Gesù durante la sua agonia nell'Orto del Getsemani e le sue ultime parole sulla Croce rivelano la profondità della sua preghiera filiale: Gesù porta a compimento il disegno d'amore del Padre e prende su di sé tutte le angosce dell'umanità, tutte le domande e le intercessioni della storia della salvezza. Egli le presenta al Padre che le accoglie e le esaudisce, al di là di ogni speranza, risuscitando dai morti” .
Il racconto evangelico del Getsemani ci mostra anche che i tre discepoli, scelti da Gesù per essergli vicino, non furono capaci di vegliare con Lui, di condividere la sua preghiera, la sua adesione al Padre e furono sopraffatti dal sonno. Domandiamo al Signore che ci renda capaci di vegliare con Lui in preghiera, di seguire la sua volontà ogni giorno anche se porta alla croce, di vivere una intimità sempre più grande e profonda.
Non ci resta che affrontare l'ultimo capitolo della vita di Gesù, cioè la sua morte, o meglio come Gesù ha pregato di fronte alla morte.

5. La preghiera di Gesù di fronte alla morte .

Non possiamo dimenticare la preghiera di Gesù nell'imminenza della morte. Scrive Marco: “Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?” (Mc 15,34). Il grido di Gesù si alza al culmine delle tre ore di tenebre che calarono su tutta la terra. Davanti agli insulti, nel momento in cui è di fronte alla morte, Gesù con il grido della sua preghiera mostra che, assieme al peso della sofferenza e della morte in cui sembra sia abbandonato, Egli ha piena certezza della vicinanza del Padre, che accoglie questo atto supremo di amore, nonostante non si oda.
Le parole che Gesù rivolge al Padre sono l'inizio del Salmo 22,3-4: “Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c'è tregua per me. Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d'Israele”. Il salmista parla di grido per esprimere tutta la sofferenza della sua preghiera davanti a Dio. Nel momento dell'angoscia la preghiera diventa un grido. Davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui il peso che portiamo nel nostro cuore, non dobbiamo avere paura di gridare a Lui la nostra sofferenza, Dio è vicino, anche se tace. Emerge prepotente una domanda: come è possibile che un Dio così potente non intervenga per sottrarre il suo Figlio a questa prova così terribile?
Occorre comprendere che la preghiera di Gesù non è il grido di chi va incontro alla morte nella disperazione, e non è neppure il grido di chi sa di essere abbandonato. Gesù in quel momento prende su di sé la pena del suo popolo, quella di tutti gli uomini che soffrono per l'oppressione del male e, allo stesso tempo, porta tutto questo al cuore di Dio nella certezza che il suo grido verrà ascoltato e la sua preghiera esaudita nella Risurrezione.
In questa preghiera di Gesù sono racchiusi l'estrema fiducia e l'abbandono nella mani di Dio, anche quando sembra assente, anche quando sembra rimanere in silenzio, seguendo un disegno a noi incomprensibile. Il suo è un soffrire in comunione con noi e per noi, che deriva dall'amore e già porta in sé la redenzione, la vittoria dell'amore. Anche noi ci troviamo sempre e nuovamente di fronte alla sofferenza, al silenzio di Dio, lo esprimiamo tante volte nella preghiera, ma siamo anche di fronte all'oggi della Risurrezione, della risposta di Dio che ha preso su di sé le nostre sofferenze, per portarle con noi e darci la ferma speranza che saranno vinte. Nella preghiera possiamo portare a Dio le nostre croci quotidiane nella certezza che Lui è presente e ci ascolta. La preghiera di Gesù morente sulla Croce ci insegni a pregare con amore per tanti fratelli e sorelle che sentono il peso della vita quotidiana, che vivono momenti difficili, che sono nel dolore, che non hanno una parola di conforto; portiamo tutto questo al cuore di Dio perchè tutti possano sentire l'amore di Dio che non abbandona mai.
L'evangelista Luca ci ha tramandato tre parole di Gesù sulla croce, due delle quali sono preghiere rivolte esplicitamente al Padre, la terza è una promessa fatta al cosiddetto buon ladrone crocifisso con Lui. La prima parola viene pronunciata dopo che Gesù è stato inchiodato sulla croce, mentre i soldati si dividono le vesti. “Gesù diceva: Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno” (Lc 23,33-34). Dunque una preghiera di intercessione, Gesù chiede il perdono per i suoi carnefici. Un atteggiamento imitato da Stefano, il primo martire (At 7,60). La seconda parola di Gesù sulla croce è una parola di speranza, è la risposta alla preghiera di uno dei due uomini crocifissi con Lui. Il buon ladrone davanti a Gesù si pente e si accorge di trovarsi di fronte al Figlio di Dio e inizia a pregarlo: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42). La risposta di Gesù supera grandemente la richiesta: “In verità io ti dico: oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,43). Le ultime parole di Gesù morente sono un affidamento al Padre: “Gesù gridando a gran voce disse: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo spirò” (Lc 23,44-46). Una preghiera che esprime la piena consapevolezza di non essere mai abbandonato. Gesù riprende ancora una volta le parole di un salmo, in questo caso il salmo 31,6. Gesù si consegna al Padre in un atto di totale abbandono. Queste parole di sono una preghiera di affidamento, piena di fiducia nell'amore di Dio. La preghiera di Gesù di fronte alla morte è drammatica, come lo è per ogni uomo, ma allo stesso tempo, è pervasa da una profonda fiducia nel Padre. Ora che la vita sta per lasciarlo sigilla nella preghiera la sua ultima decisione: Gesù si è lasciato consegnare nelle mani degli uomini, ma è nelle mani del Padre che Egli pone il suo spirito; così tutto è compiuto, il supremo atto di amore è portato sino al limite.
Gesù che chiede al Padre di perdonare coloro che lo stanno crocifiggendo, ci invita al difficile gesto di pregare anche per coloro che ci fanno torto, ci hanno danneggiato, sapendo perdonare sempre, e ci invita a vivere nella nostra preghiera, lo stesso atteggiamento di misericordia e di amore che Dio ha nei nostri confronti. Gesù nel momento estremo della morte si affida totalmente nelle mani del Padre, ci comunica la certezza che, per quanto dure siano le nostre prove, difficili i problemi, pesanti le sofferenze, non cadremo mai fuori delle mani di Dio, mani che ci hanno creato, ci sostengono e ci accompagnano nel cammino dell'esistenza.

6. Gesù maestro di preghiera .

La dinamica di parola e silenzio, che segna la preghiera di Gesù in tutta la sua esistenza terrena, soprattutto sulla croce, tocca anche la nostra vita di preghiera. Il silenzio è capace di scavare uno spazio interiore nel profondo di noi stessi, per farvi abitare Dio, perchè la sua Parola rimanda in noi, perchè l'amore per Lui si radichi nella nostra mente e nel nostro cuore, e animi la nostra vita. Vivere il silenzio, l'apertura per l'ascolto, ci apre all'altro, soprattutto alla Parola di Dio. Ma non c'è solo il nostro silenzio, spesso, nella nostra preghiera, ci troviamo di fronte al silenzio di Dio, ci sembra che Dio non ascolti e non risponda. In verità, questo silenzio di Dio, come è avvenuto anche per Gesù, non segna la sua assenza. Gesù rassicura i discepoli e ciascuno di noi che Dio conosce bene le nostre necessità in qualunque momento della nostro vita: “Pregando, non sprecate parole come i pagani, essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perchè il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate” (Mt 6,7-8). Dio ci conosce nell'intimo, più di noi stessi, è da lui che possiamo imparare a pregare.
“Gesù ci insegna a pregare, non solo con la preghiera del Padre nostro, ma anche quando Egli stesso prega. In questo modo, oltre al contenuto, ci mostra le disposizioni richieste per una vera preghiera: la purezza del cuore, la fiducia filiale, la vigilanza” . In Gesù si rivela la novità del nostro dialogo con Dio: la preghiera filiale, che il Padre aspetta dai suoi figli. E da Gesù impariamo come la preghiera costante ci aiuti ad interpretare la nostra vita, a riconoscere ed accogliere la nostra vocazione, a scoprire i talenti che Dio ci ha dato, a compiere quotidianamente la sua volontà come ha fatto Gesù fino alla risurrezione.

Don Daniele De Angelis