19 novembre 2024 ore 11.35
Vita parrocchiale
Rapporto Caritas Italiana 2024 e Caritas del Piceno - Fare rete e mettere il proprio contributo
Don Bernardo Domizi
19 novembre 2024
ore 11.35

Rapporto Caritas Italiana 2024 - La povertà in Italia - I dati e la risposta umanitaria di  Caritas (Sintesi)

Se vai su"guarda le immagini "  troverari 10 slide con le percentuali del rapporto povertà Caritas

Per maggiori approfondimenti : www.caritas italiana.it ( seleziona e clicca )

Caritas del Piceno, vescovo Palmieri alle istituzioni e alle associazioni: “Fare rete e mettere in campo ciascuno il proprio contributo” (L'ancora 20/11/2024)

La povertà in Italia  tra la bassa crescita , tensione geopolitiche e inverno demografico

Nell’arco di dieci anni in Italia
(2014-2023) il numero di famiglie
in stato di povertà assoluta è
cresciuto del 42,8nelle regioni del Nord
è praticamenteraddoppiato +97,2%.
L'Italia risulta l’unico paese in Europa
in cui le retribuzioni reali dal 2013
al 2023 sono calate: si registra un 4,5%
a fronte di un aumento del +3,0% in Eu27,
in Italia il7,6% della popolazione, 4.5 milioni di persone
ha dovuto rinunciare a per problemi economici o per
problemi di accesso alle liste di attesa.
Il numero di di famiglie povere
nel Nord (998mila) supera quello
di Sud e Isole complessivamente
(859mila).
La povertà tra i minori è oggi ai massimi storici 13,8%

lE PERSONE VULNERABILI
accompagnate dai servizi Caritas in rete
nel 2023 sono state 269.689
dal 2015 ad oggi il numero degli assistiti è
cresciuto del 41,6%
Ai poveri è negato il DIRITTO DO SPERARE
vivere in una condizione di povertà in modo
prolungato e cronico erode il capitale
progettuale, le aspettative e i sogni
cresce il tra le persone accompagnate dalle Caritas:
DISAGIO PSICOLOGICO E PSICHIATRICO
dal 2022 al 2023 il numero di persone affette da
depressione o disturbi mentali è aumentato del 15,2%
LO SGUARDO CARITAS

Il 22,7% delle persone che si rivolgono ai
Centri di Ascolto ha problemi con la CASA,
fra i problemi rilevati TERZO IL PROBLEMA ABITATIVO
Ogni anno le
CARITAS DIOCESANE realizzano 70/80
PROGETTI sul tema CASA
in cinque anni con 8X mille
sono stati realizzati
386con un impegno economioco  di 42 milioni di euro.
ACQUA CORRENTE
1.5 milioni
di FAMIGLIE
vivono in abitazioni con la  mancanza di acqua corrwente
e SENZA SERVIZI in bagno.
SOVRAFFOLLATE poco LUMINOS

il 22,5% fatica a pagare iMUTUO,  AFFITTO,  BOLLETTE
Diminuiscono le risposte delle istituzioni per
FONDO LOCAZIONI, FONDO MOROSITÀ
non sono stati più rifinanziati dal2022; il78%degli SFRATTI
è dovuto a MOROSITÀ
I PROGETTI 8XMILLE
L’IMPATTO SOCIALE DEGLI INTERVENTI CARITATIVI
RAPPORTO POVERTÀ 2024 CARITAS
ALTRO
20.4% per ACCOMPAGNAMENTO (servizi socioeducativi per minori,adulti, anziani, centri diurni)
20% ABITARE, 18.6% SOSTENIMENTO
PROMOZIONE E CURA 14%
CONDIVISIONE 5%
GIUSTIZIA 3.7%
430  PROGETTI SU TUTTO IL TERRITORIO
REALIZZATI NEL 2023
Uuno studio condotto dalla
UNIVERSITÀ
SANT’ANNA DI PISA su 46 CARITAS DIOCESANE
 ha rillevato che 86%  dei beneficiari afferma che il progetto li
ha aiutati a soddisfare
il PROPRIO BISOGNO
80,8% dei beneficiari
ritiene che le nuove relazioni instaurate
grazie al progetto abbiano MIGLIORATO la
propria CONDIZIONE DI VIta.
NUOVE MISUREcontro la poverta' 2024
ASSEGNO DI INCLUSIONE E SUPPORTO FORMAZIONE LAVORO: PRIMI DATI
RAPPORTO POVERTÀ 2024
CONTRO LA POVERTÀ
Con le nuove misure Assegno Di Inclusione (ADI) e Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), l’Italia
abbandona il principio di aiuto universale a chi vive in povertà. L'ADI si rivolge ai nuclei con persone non
occupabili (minori, disabili, anziani), mentre il SFL è per gli occupabili, individuati in base all'assenza di
carichi di cura.
Si DIMEZZA IL NUMERO  DELLE PERSONE AIUTATE
Rispetto al Reddito Di Cittadinanza, l'ADI riduce
drasticamente la platea di beneficiari, coprendo
circa il 50% in meno di famiglie nei primi sei mesi
del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023
331MILAFAMIGLIE
HANNO PERSO
IL RDC SENZA ACCEDERE ALL'ADI
di questi, il 57% non ha presentato domanda
e il 43% ha visto la propria richiesta respinta
MONOCOMPONENTI
I NUCLEI RESIDENTI AL NORD
OPPURE IN AFFITTO
sono i gruppi più
frequentemente esclusi
dal nuovo supporto ADI
LO SGUARDO CARITAS
l dati e la risposta umanitaria di Caritas Italiana
Scheda informativa - novembre 2024
IL RUOLO
DELLA CARITAS
Durante il passaggio dal RDC
all'ADI, la Caritas ha svolto un ruolo fondamentale,
supportando le famiglie rimaste senza aiuto e offrendo
assistenza pratica e orientamento
TERRITORIALE DISOMOGENEITÀ
Il supporto dell’ADI procede
geograficamente di pari passo con le
sacche di povertà. DIGITALIBARRIERE
Tuttavia nelle regioni settentrionali,
dove la povertà è in aumento
solo il 4% della popolazione ne usufruisce.

La mancanza di competenze digitali e
la difficoltà nel navigare tra enti e
pubbliche amministrazioni sono state
barriere significative, che complicano
ulteriormente l’accesso e la gestione
dell’ADI. Questo è stato anche l’aiuto
che le Caritas hanno offerto alle
persone
DETENZIONE MISURE
DATI, RIFLESSIONI, PROGETTI
RAPPORTO POVERTÀ 2024
Il sistema carcerario in Italia è caratterizzato da alcune criticità: il sovraffollamento, la conseguente
difficoltà di gestione e di avvio di attività educative, mirate al reinserimento delle persone

222.518 persone in carici alle uepe (ufficio educazione penale esterna)
PERSONE IN AFFIDO AI SERVIZI SOCIALI 46.094
PERSONE IN DETENZIONE DOMICILIARE 21.771
PERSONE IN SEMILIBERTÀ 1933
PERSONE IN MISURE DI COMUNITÀ 50.189
caritas diocesane
2/3DELLE 217 SONO IMPEGNATE
NELL’AMBITO GIUSTIZIA

Detenzione e MISURE alternative al CARCERE

Nel 2024 61.862 I DETENUTI
PRESENTI NEI 189
ISTITUTI PENITENZIARI
a fronte dei 51.196 posti disponibili.
Le persone in esubero sono dunque oltre 10.000
ALTERNATIVE AL CARCERE
l dati e la risposta umanitaria di Caritas
NEL 2024 *fino al 30 settembre
OLTRE IN CARICO ALLA UEPE
222.518 LE PERSONE (*Ufficio Esecuzione Penale Esterna)
LO SGUARDO CARITAS
Le Caritas diocesane che operano all’interno
dell’ambito Giustizia svolgono numerose attività
che ruotano intorno a quattro dimensioni
di lavoro:
1 - Attività per detenuti svolte all’interno del carcere (dall’ascolto,
alla distribuzione di beni di prima necessità, a percorsi di
sostegno, educativi, culturali, percorsi di formazione personale
e professionalizzante, dall’orientamento al lavoro, a tirocini, ad
attivazione di posti di lavoro in carcere…)
2 - Attività svolte all’esterno del carcere per detenuti, per persone
sottoposte alla misura della Messa Alla prova (MAP) o ai Lavori di
Pubblica Utilità (LPU) e per ex detenuti. Per i detenuti: accoglienza
diurna e notturna, attivazione di percorsi di reinserimento sociale,
formazione professionale, accompagnamento al lavoro,
ricongiungimento famigliare, sostegno psicologico e alla genitorialità,
accoglienza per la fruizione di permessi premio. Per persone sottoposte
alla misura della Messa Alla prova (MAP) o ai Lavori di Pubblica Utilità
(LPU): messa a disposizione di spazi all’interno dei servizi Caritas,
percorsi di accompagnamento, Per gli ex detenuti: supporto al
reinserimento nella comunità e al raggiungimento dell’autonomia
(casa, lavoro, affetti).
3 - Sostegno alle famiglie di detenuti (ascolto,
accoglienza, percorsi di orientamento,
sostegno alla genitorialità, ecc.)
4 -  Attività di sensibilizzazione, informazione e animazione della comunità
(sensibilizzazione parrocchie, scuole, cittadinanza, aziende, ecc.)

FILI D'ERBA NELLE CREPE -Risposte di Speranza

SINTESI
2
In occasione della VIII Giornata mondiale dei poveri istituita da Papa Francesco Caritas Italiana
pubblica la ventottesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, un lavoro
che come di consueto ha l’intento di accendere i riflettori sul fenomeno della povertà, rendendo
maggiormente visibili alle comunità, civili ed ecclesiali, le tante storie di deprivazione oggi esistenti.
“Fili d’erba nelle crepe. Risposte di Speranza” è questo il titolo scelto per l’edizione 2024. Mentre la
povertà assoluta continua a essere su livelli record, vari e multiformi fenomeni di disagio sociale si
affacciano sul panorama italiano. Alcuni sono di vecchia data ma continuano a colpire in modo
particolarmente allarmante. Si pensi ai problemi legati all’abitazione, un diritto da tempo negato a
tante persone e famiglie, su più livelli di gravità. In altri casi, le problematiche si intrecciano ad una
incompiuta o inadeguata implementazione delle risposte istituzionali; è il caso degli ostacoli che
impediscono l’accesso alle misure alternative al carcere o delle barriere che limitano la fruizione
delle misure di reddito minimo introdotte negli ultimi anni. Eppure, nonostante le criticità che
sfaldano il nostro vissuto quotidiano, si intravvedono nelle crepe dei fili d’erba verde, dei segnali di
speranza, le tante riposte, opere e servizi messi in campo dalla Chiesa, dalla società civile,
dall’associazionismo e dal volontariato, e che contribuiscono con il loro apporto a rendere più
umano e dignitoso il nostro vivere.
I dati della statistica pubblica
Oggi in Italia vive in una condizione di povertà assoluta il 9,7% della popolazione, praticamente una
persona su dieci. Complessivamente si contano 5 milioni 694mila poveri assoluti, per un totale di
oltre 2 milioni 217mila famiglie (l’8,4% dei nuclei). Il dato, in leggero aumento rispetto al 2022 su
base familiare e stabile sul piano individuale, risulta ancora il più alto della serie storica, non
accennando a diminuire. Se si guarda infatti ai dati in un’ottica longitudinale, dal 2014 ad oggi la
crescita è stata quasi ininterrotta, raggiungendo picchi eccezionali dopo la pandemia, passando dal
6,9% al 9,7% sul piano individuale e dal 6,2% all’8,4% sul piano familiare.
Graf. 1 – Incidenza della povertà assoluta tra gli individui e le famiglie (valori %) – Anni 2014-
2023
Fonte: Istat
6,9
9,7
6,2
8,4
0
2
4
6
8
10
12
2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023
Povertà assoluta individuale Povertà assoluta familiare
3
Dal 2014 al 2023 il numero di famiglie povere residenti al Nord è praticamente raddoppiato,
passando da 506mila nuclei a quasi un milione (+97,2%); se si guarda al resto del Paese la crescita
è stata molto più contenuta, +28,6% nelle aree del Centro e +12,1% in quelle del Mezzogiorno (il
dato nazionale è di +42,8%). Oggi in Italia il numero delle famiglie povere delle regioni del Nord
supera quello di Sud e Isole complessivamente. L’incidenza percentuale continua a essere ancora
più pronunciata nel Mezzogiorno (12,0% a fronte dell’8,9% del Nord), anche se la distanza appare
molto assottigliata; nove anni fa la quota di poveri nelle aree del Meridione era più che doppia
rispetto al Nord: 9,6% contro il 4,2%.
Graf. 2 – Numero famiglie in stato di povertà assoluta per macroregione – confronto 2014-2023
(v. in migliaia)
Fonte: Istat
In Italia più che nel resto d’Europa le difficoltà economiche sembrano destinate a perpetuarsi di
generazione in generazione. Chi è cresciuto in famiglie svantaggiate tende a trovarsi, da adulto, in
condizioni finanziarie precarie. Un circolo vizioso che colpisce il 20% degli adulti europei tra i 25 e
i 59 anni che, a 14 anni, vivevano in una situazione economica difficile. In Italia, il dato sale al 34%,
segno di un’eredità che pesa sul futuro. Valori più alti di povertà ereditaria si raggiungono solo in
Romania e Bulgaria (Eurostat).
Altri record negativi della povertà assoluta: minori e
lavoratori poveri
Accanto alla questione “settentrionale”, un altro nodo da richiamare è quello della povertà minorile,
che da tempo sollecita e preoccupa. L’incidenza della povertà assoluta tra i minori oggi è ai massimi
storici, pari al 13,8%: si tratta del valore più alto della serie ricostruita da Istat (era 13,4% nel 2022)
e di tutte le altre fasce d’età. Lo svantaggio dei minori è da intendersi ormai come endemico nel
nostro Paese visto che da oltre un decennio l’incidenza della povertà tende ad aumentare proprio al
diminuire dell’età: più si è giovani e più è probabile che si sperimentino condizioni di bisogno.
Complessivamente si contano 1milione 295mila bambini poveri: quasi un indigente su quattro è
dunque un minore. Preoccupa poi il dato sull’intensità della povertà: i nuclei dove sono presenti
bambini appaiono i più poveri dei poveri (avendo livelli di spesa molto inferiori alla soglia di povertà).
506
280
766
1.552
998
360
859
2.217
0
500
1000
1500
2000
2500
Nord Centro Mezzogiorno Italia
2014 2023
+97,2%
+42,8%
+ 12,1%
+ 28,6%
4
Accanto alla povertà minorile, un altro elemento di allarme sociale che si coglie dagli ultimi dati Istat
rilasciati lo scorso 17 ottobre, riguarda i lavoratori: continua infatti a crescere in modo preoccupante
la povertà tra coloro che possiedono un impiego. Complessivamente tocca l’8% degli occupati (era
il 7,7% nel 2022) anche se esistono marcate differenze in base alla categoria di lavoratori; se si ha
una posizione da dirigente, quadro o impiegato l’incidenza scende al 2,8%, mentre balza al 16,5%
se si svolge un lavoro da operaio o assimilato (dal 14,7% del 2022). Quest’ultimo in particolare è un
dato che spaventa e sollecita, segno emblematico di una debolezza del lavoro che smette di essere
fattore di tutela e di protezione sociale.
Graf. 3 – Incidenza della povertà assoluta familiare per condizione e posizione occupazionale
della figura di riferimento (%) – Confronto anni 2014-2019-2023
Fonte: Istat
Le povertà secondo l’Osservatorio Caritas
Nel 2023, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati della rete Caritas (in totale 3.124, dislocati
in 206 diocesi di tutte le regioni italiane) le persone incontrate e supportate sono state 269.689.
Quasi 270mila “volti” che possono essere assimilati ad altrettanti nuclei, visto che la presa in carico
risponde sempre ad esigenze di tipo familiare. Complessivamente si tratta di circa il 12% delle
famiglie in stato di povertà assoluta registrate dall’Istat.
Rispetto al 2022 si è registrato un incremento del 5,4% del numero di assistiti; una crescita più
contenuta rispetto al passato ma pur sempre una crescita. Anche per i dati Caritas non si colgono
dunque segni flessione. Se si allarga lo sguardo a un intervallo temporale più ampio il dato risulta
impietoso: dal 2015 ad oggi il numero di persone sostenute è cresciuto del 41,6%. I territori che
registrano l’aumento più cospicuo risultano quelli di Sud e Isole (+53,3%) e del Nord Italia (+52,1%).
Il peggioramento della condizione di vulnerabilità delle regioni del Nord, segnalato dall’Istat,
traspare dunque anche dalla lente degli Osservatori Caritas.
5,5
10,0
17,1
5,6
10,6
19,1
8,1
16,5
20,7
0
5
10
15
20
25
Occupati Operai e assimilati In cerca di occupazione
2014 2019 2023
5
Graf. 4 – Numero di persone assistite dalla rete Caritas per macroregione- Anni 2015-2023 (v.a.)
Fonte: Caritas Italiana
Alcuni trend:
→ Non solo nuovi poveri, aumentano le storie di cronicità: nel 2023 a fronte di un calo dei nuovi
ascolti (dal 45,3% al 41%), si rafforzano le povertà intermittenti e croniche (dal 54,7% al 59%); una
persona su 4, di fatto, è seguita da 5 anni e più.
→ La povertà si fa sempre più intensa: i poveri diventano sempre più poveri. Dal 2007 al 2023
infatti è più che raddoppiato il numero di incontri/ascolti medi annui per assistito (da 3,2 a 7,9).
→ Stretto il binomio tra povertà economica e povertà educativa: il 67,3% degli assistiti possiede
al massimo la licenza media inferiore.
→ È negato il “diritto di aspirare”: vivere in una condizione di povertà in modo prolungato e cronico
erode il capitale progettuale, le aspettative e i sogni delle persone. Il motivo principale è la
prolungata esposizione allo stress derivante dalle molteplici problematiche da affrontare
quotidianamente, uno stress tossico che impatta su attenzione, memoria, concentrazione e capacità
di pianificare.
→ Quando il lavoro non basta: quasi una persona su quattro (23%) degli assistiti ha
un’occupazione.
→ Le famiglie con minori le più numerose: i genitori di figli minori rappresentano il 56,5% degli
assistiti.
→ Povertà multidimensionali: la povertà non riguarda solo gli aspetti economici, sempre più spesso
si configura come un fenomeno multidimensionale e multiforme. Tra gli assistiti solo il 44,6% ha
manifestato un solo ambito di fragilità di ordine economico-materiale; il 26,4% ne vedeva cumulati
due e il 29% tre o più (fragilità economiche, occupazionali, abitative, problemi familiari, difficoltà
legate allo stato di salute o ai processi migratori).
83.536
127.086
59.053
81.446
39.876 61.157
190.465
269.689
0
50.000
100.000
150.000
200.000
250.000
300.000
2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023
Nord Centro Mezzogiorno Italia
Nord: +52,1%
Mezzogiorno: +53,3%
Italia: +41,6%
Centro: +37,9%
6
→ Povertà e salute mentale: cresce il disagio psicologico e psichiatrico tra gli assistiti Caritas: dal
2022 al 2023 il numero di persone affette da depressione o malattie mentali è aumentato del 15,2%.
→ Marginalità sociale: il numero delle persone senza dimora aiutate nel 2023 sono state 34.554 (il
19,2% dell’utenza complessiva), in forte crescita rispetto al 2022 quando erano 27.877 (il16,9% degli
assistiti).
→ Povertà e solitudine: aumenta l’incidenza delle persone over 65 (dal 12,1% al 13,4%): in valore
assoluto si tratta di 35.875 anziani supportati, a fronte dei 30.692 incontrati nel 2022.
Detenzione e misure alternative al carcere: dati, riflessioni, progetti
e storie
Il sistema carcerario in Italia è caratterizzato da alcune criticità: il sovraffollamento, la conseguente
difficoltà di gestione e di avvio di attività educative, mirate al reinserimento delle persone. Nel 2024
(fino al 30 settembre), i detenuti presenti nei 189 istituti penitenziari italiani risultano 61.862, a
fronte dei 51.196 posti disponibili. Le persone in esubero sono dunque oltre 10mila.
Nel 2024 (fino al 3 novembre) sono stati registrati 78 suicidi, il dato si sta purtroppo avvicinando a
quello dell’annus horribilis (2022) che ne ha fatti registrare 84.
Le misure di comunità andrebbero fortemente incentivate perché hanno una forte valenza sociale e
di impatto: si abbassa la recidiva, sono strumento di reinserimento nella comunità, rappresentano
una possibile risposta al sovraffollamento.
Nel 2024 (fino al 30 settembre) sono 222.518 le persone in carico all’UEPE (Ufficio per l’esecuzione
penale esterna) che stanno eseguendo oppure hanno richiesto le misure di comunità. Di questi:
- 50.189 le persone in messa alla prova (misure di comunità);
- 46.094 le persone che sono in affidamento in prova al servizio sociale;
- 21.771 in detenzione domiciliare;
- 1.933 in uno stato di semilibertà.
Le Caritas diocesane che operano all’interno dell’ambito Giustizia svolgono numerose attività che
ruotano intorno a quattro dimensioni di lavoro:
- Attività svolte all’interno del carcere a favore delle persone recluse (dall’ascolto, alla
distribuzione di beni di prima necessità, a percorsi di sostegno, educativi, culturali, percorsi
di formazione personale e professionalizzante, dall’orientamento al lavoro, a tirocini, ad
attivazione di posti di lavoro in carcere, ecc.)
- Attività svolte all’esterno del carcere per permettere la fruizione delle misure di comunità,
in particolare per coloro che per mancanza di mezzi ne avrebbero dovuto rinunciare, pur
avendone diritto. Ciò implica oltre l’accoglienza diurna e notturna, l’attivazione di percorsi
di reinserimento sociale, di formazione professionale, di accompagnamento al lavoro, al
ricongiungimento con le famiglie, così come un sostegno psicologico e alla genitorialità.
Altre attività vedono come destinatari ex detenuti dove il supporto, in particolare nei mesi
successivi al fine pena, ha lo scopo di facilitare il reinserimento nella comunità e al
raggiungimento dell’autonomia (casa, lavoro, affetti). La messa a disposizione di spazi
all’interno dei servizi Caritas e di percorsi di accompagnamento volti a sostenere un percorso
di consapevolezza delle proprie responsabilità è quanto è offerto come opportunità a chi è
sottoposto alla misura della Messa alla prova (MAP) o ai Lavori di pubblica utilità (LPU).
Accoglienza è offerta anche per permettere la fruizione di permessi premio.
7
- Sostegno alle famiglie di detenuti (ascolto, accoglienza, percorsi di orientamento, sostegno
alla genitorialità, ecc.)
- Attività di sensibilizzazione, informazione e animazione della comunità
(sensibilizzazione parrocchie, sensibilizzazione scuole, sensibilizzazione cittadinanza,
sensibilizzazione aziende, ecc.).
Favorire l’applicazione delle misure di comunità può essere uno strumento concreto per adottare un
nuovo paradigma di giustizia che dalla pena coercitiva passa ad una giustizia di comunità, fino alla
giustizia riparativa. Le attività legate all’inserimento di chi ne beneficia assorbono numerose Caritas
diocesane, pertanto, si è deciso di condurre uno studio qualitativo al fine di approfondire alcuni
aspetti attraverso gli occhi e le voci di chi ne usufruisce: sono stati condotti 17 colloqui in profondità
e un focus group con i referenti giustizia, coinvolgendo le Caritas diocesane di Firenze, Cuneo-
Fossano, Palermo, Trani-Barletta-Bisceglie e Verona. In sintesi, i beneficiari narrano le misure di
comunità come un’opportunità, una restituzione alla comunità che, al contempo, offre opportunità
di cambiamento e maturazione personale. Dall’analisi delle parole degli intervistati, emergono
alcune aree tematiche molto chiare, riportate da parole ricorrenti come “oltre”, “daccapo”,
“ricominciare”: le misure di comunità offrono la possibilità di ricostruirsi una vita, anzi sembra che
permettano uno spazio in cui sia possibile pensare al futuro. In particolare, dall’analisi delle parole
citate che hanno attinenza con le misure di comunità e quelle che si riferiscono al vissuto in carcere
(i 2/3 degli intervistatati), si evidenziano due aree semantiche quasi diametralmente opposte che
bene raccontano le due esperienze: la speranza si contrappone alla disperazione, l’attivazione per
aiutare gli altri si contrappone alla passività, la generatività alla stasi (al tempo che non passa mai),
il coraggio e la determinazione allo stress e alla tensione. L’area semantica connessa alle misure
alternative, genera un’idea di giustizia in cui è effettivamente possibile il reinserimento e la
rieducazione; al contrario, nell’area semantica del vissuto in carcere prevale un’idea della pena
finalizzata alla punizione, senza intravedere i presupposti per un cambiamento reale nella vita della
maggior parte dei detenuti.

Caritas del Piceno, vescovo Palmieri alle istituzioni e alle associazioni:

“Fare rete e mettere in campo ciascuno il proprio contributo” (L'Ancora 20/11/2024)


Fig. 1 – Aree semantiche vissuto carcere versus misure alternative
8
Il problema abitativo in Italia. Dal fenomeno alle risposte della
comunita
Nell’assenza di un piano nazionale di rilancio delle politiche abitative, il disagio attorno alla
dimensione casa continua a permanere ad alti livelli. In Italia un milione e mezzo di famiglie vive
in abitazioni sovraffollate, poco luminose e senza servizi come l’acqua corrente in bagno. Il 5
per cento dei nuclei fa fatica a pagare le rate del mutuo o l’affitto e le bollette. Di questi, la maggior
parte non ha una casa di proprietà. Le sentenze di sfratto per morosità nel 2023 sono
state 30.702 rispetto alle 33.522 del consuntivo 2022. Le sentenze per morosità restano la
principale motivazione di sfratto: sul totale delle nuove sentenze, quelle per morosità sono pari al
78%. L’83% degli edifici residenziali è stato costruito prima del 1990 e il 57% risale a prima degli
anni ’70. Gli edifici in classe F e G sono più del 60%. Per adeguarsi alle direttive UE serviranno
investimenti tra gli 800 e i 1.000 miliardi di euro. Presso i centri di Ascolto Caritas, la dimensione
abitativa risulta il terzo tra i problemi riportati, coinvolgendo il 22,7% dell’utenza in Italia (su un
totale di circa 270mila beneficiari dell’azione Caritas). Tale percentuale aumenta al 27% se si
considerano solo le persone straniere mentre si riduce al 17,6% se si osservano i nuclei con
cittadinanza italiana, segnale di una costante discriminazione nell’accesso alla casa che riguarda
ormai qualsiasi ambito territoriale. Eppure, le risposte istituzionali diminuiscono: dal 2022, i due
pilastri delle politiche abitative socioassistenziali (Fondo locazioni e Fondo morosità
incolpevole), non sono stati più rifinanziati. Ogni anno le Caritas diocesane implementano 70/80
progetti socioassistenziali sul tema casa, che coinvolgono non solo le Caritas ma anche associazioni,
cooperative o altri enti presenti nei territori. In 6 anni (escluso il 2020 per la pandemia) sono stati
realizzati 386 progetti, pari ad un impegno di oltre 42 milioni di euro tra 8xmille e cofinanziamenti
delle diocesi. I target di riferimento spaziano dagli anziani ai senza dimora, dalle famiglie straniere
ai giovani studenti fuori sede.
L’impatto sociale degli interventi caritativi: l’esperienza dei progetti
8x1000 Caritas
Nel complesso, i progetti Caritas 8x1000 svolti nel 2023 sul territorio nazionale sono stati 430. Il
20% degli stessi è dedicato all’accompagnamento, tramite la realizzazione di servizi socioeducativi
per minori, adulti e anziani, l’attivazione di centri diurni e di socializzazione e attività volte al
contrasto della povertà educativa. Il 18,6% è invece dedicato all’ambito dell’abitare, con servizi
di accoglienza, comunità e housing, mentre il 18,3% è volto al sostenimento, tramite l’erogazione
di cibo e aiuti materiali, attività delle mense ed empori. L’ambito dedicato alla promozione è il
14% del totale dei progetti realizzati, con la realizzazione di attività di formazione professionale
e inserimento lavorativo. Gli ambiti progettuali dedicati alla condivisione e cura rappresentano
circa il 5% dei progetti realizzati, con attività volte alla formazione giovanile e all’educazione
sanitaria. Infine, il 3,7% dei progetti riguarda la libertà per educare, con attività e servizi finalizzati
alla giustizia riparativa e sociale. Uno studio condotto dall’Università Sant’Anna di Pisa su un
campione di 46 Caritas diocesane (20% delle Caritas diocesane italiane che hanno sviluppato
progetti finanziati dai fondi 8x1000 nel 2023), consente di approfondire gli esiti di impatto sociale
dei progetti sulla vita dei beneficiari: in media, l’86% dei beneficiati ritiene che il progetto li abbia
aiutati a superare positivamente il proprio bisogno specifico. La soddisfazione più alta si registra
nell’ambito delle fragilità minorili (93,3%). L’80,8% dei beneficiari ritiene inoltre che le nuove
relazioni instaurate grazie al progetto abbiano migliorato la propria condizione di vita (89,3%
nell’ambito lavorativo).
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Le nuove misure contro la poverta : Assegno di Inclusione e Supporto
alla formazione lavoro, primi dati e domande
Il passaggio alle nuove misure contro la povertà, Assegno di inclusione e Supporto alla Formazione
e al lavoro (che tra il 2023 e il 2024 hanno sostituito il Reddito di Cittadinanza), segna un
cambiamento profondo nell’approccio alla povertà: con queste misure, il diritto a ricevere sostegno
non è più garantito "solo" in base alla condizione di povertà. Ora l’ADI (ad oggi percepito da 697.640
famiglie) è destinato solamente a nuclei familiari con persone non occupabili, come minori e disabili,
mentre il SFL pè riservato a chi è ritenuto occupabile e richiede percorsi formativi per il reinserimento
lavorativo. Questa distinzione ha ridotto della metà il numero di famiglie raggiunte rispetto al RDC,
lasciando senza supporto 331.000 nuclei, molti dei quali sono residenti al Nord, vivono in affitto o
sono nuclei monocomponenti, categorie escluse per via dei nuovi criteri in vigore. Sebbene esista
una clausola di accesso per chi è in "condizione di svantaggio" (come senza dimora o vittime di
tratta), il numero di beneficiari rimane limitato a causa di iter burocratici lunghi e vincolanti. A livello
territoriale, l’ADI mostra una copertura maggiore nelle regioni del Sud, ma solo in alcune aree la
misura raggiunge un'incidenza significativa (fino al 7%), mentre al Nord, dove la povertà è in crescita,
l’incidenza dell’ADI non supera l’1%. Nel frattempo, il ruolo della Caritas è diventato cruciale: durante
la transizione, molte famiglie si sono trovate senza sostegno e hanno dovuto fare affidamento su di
essa. Anche per chi riceve la misura il supporto nel contatto con i servizi pubblici è diventano
fondamentale per orientarsi tra procedure complesse e burocrazia digitale. La Caritas, che sta
monitorando l’attuazione delle nuove misure, sottolinea fin d’ora l’urgenza di ampliare la copertura
di ADI e SFL, migliorare la chiarezza e semplificare l'accesso, auspicando il ripristino di un sistema
di sostegno universale e continuativo che eviti l’esclusione delle tante persone in povertà assoluta
presenti nel nostro paese.
In sintesi Il passaggio all’ADI segna:
1. La fine dell'universalismo delle misure di sostegno alla povertà: Con le nuove misure ADI e
SFL, l’Italia abbandona il principio di supporto universale "solo perché si è poveri". L'ADI si rivolge
ai nuclei con persone non occupabili (minori, disabili, anziani), mentre il SFL è per gli occupabili,
individuati in base all'assenza di carichi di cura.
2. Si riduce della metà il numero di persone raggiunte dalle misure nazionali di sostegno alla
povertà (dati Inps): Rispetto al RDC, l'ADI riduce drasticamente la platea di beneficiari, coprendo
circa il 50% in meno di famiglie nei primi sei mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023.
3. I nuclei "esodati" dal RDC: Circa 331.000 nuclei familiari hanno perso il RDC senza accedere
all'ADI; di questi, il 57% non ha presentato domanda e il 43% ha visto la propria richiesta respinta.
4. Le categorie più penalizzate nel passaggio dal RDC a ADI e SFL (dati Inps): nuclei
monocomponenti, quelli residenti al Nord e quelli in affitto sono i gruppi più frequentemente esclusi
dal nuovo supporto ADI.
5. Disomogeneità Territoriale dell'ADI e povertà (dati Caritas): Il supporto dell’ADI varia
geograficamente, con maggiore incidenza nel Sud Italia (fino al 7% in regioni come Campania e
Sicilia) e meno dell’1% nelle regioni settentrionali, dove la povertà è in aumento.
6. Un iter poco amichevole per i più svantaggiati (dati Inps): Nonostante la possibilità per chi è
in "condizione di svantaggio" (senza dimora, vittime di tratta, ex detenuti) di accedere all'ADI, il
numero di beneficiari è molto ridotto a causa di un iter di accesso complesso e vincolante.
7. I bassi numeri del Supporto alla formazione e al lavoro (dati Inps): Il SFL, pensato per il
reinserimento lavorativo attraverso percorsi formativi, ha dimostrato un impatto ridotto, con poche
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persone coinvolte e percorsi di breve durata (mediamente 3-4 mesi), insufficienti a garantire un
effettivo reinserimento nel mercato del lavoro.
8. Il ruolo delle Caritas, prima e durante l’ADI (dati Caritas): Durante il passaggio dal RDC all'ADI,
la Caritas ha svolto un ruolo fondamentale, supportando le famiglie rimaste senza aiuto e offrendo
assistenza pratica e orientamento.
9. Barriere burocratiche e digitali (dati Caritas): la mancanza di competenze digitali e la difficoltà
nel navigare tra enti e pubbliche amministrazioni sono state riscontrate come barriere significative,
che complicano ulteriormente l’accesso e la gestione dell’ADI. Questo è stato anche l’aiuto che le
Caritas hanno offerto alle persone
10. Prospettive di advocacy e miglioramento: La Caritas suggerisce la necessità di migliorare la
copertura per garantire il supporto ai poveri esclusi, riequilibrare gli importi per compensare le aree
del paese in cui la povertà è in aumento (Centro e Nord), semplificare le procedure e ripristinare un
sistema di supporto universale e continuativo per una maggiore equità nel contrasto alla povertà.

 

Foto di Peppino Di Quirico e Carletta Di Blasio

DIOCESI – Si è concluso ieri, Lunedì 18 Novembre 2024, presso l’aula consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto, l’intenso programma di eventi organizzato dalle Caritas delle Diocesi del Piceno in occasione dell’Ottava Giornata Mondiale dei Poveri. L’incontro, dal titolo “Povertà e Risorse nel Territorio”, ha registrato la partecipazione come relatori di Walter Nanni, responsabile del Servizio Studi di Caritas Italiana, Giorgio Rocchi, direttore di Caritas Ascoli Piceno, Lorenzo Felici, collaboratore di Caritas San Benedetto del Tronto, e mons. Gianpiero Palmieri, vescovo delle due Diocesi del Piceno. A moderare l’incontro è stato Fernando Palestini, vicedirettore di Caritas San Benedetto del Tronto.


Ad ascoltare il report sulle povertà e sulle risorse presenti in Italia e soprattutto nel territorio del Piceno, erano presenti rappresentanti delle istituzioni civili e militari, tra i quali l’onorevole Giorgio Fede, il sindaco del Comune di San Benedetto del Tronto Antonio Spazzafumo, il sindaco di Ancarano Pierangelo Panichi, il vicesindaco ed assessore ai Servizi Sociali del Comune di Ascoli Piceno Massimiliano Brugni, la consigliera provinciale nonchè assessora del Comune di Spinetoli Germana Gagliardi, l’assessora del Comune di Grottammare Monica Pomili, l’assessora del Comune di Ripatransone Magda Verdecchia, il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di San Benedetto del Tronto Francesco Tessitore, il Commissario della Polizia di Stato di San Benedetto del Tronto Andrea Crucianelli. Presenti anche numerosi referenti delle associazioni del territorio con cui le due Caritas Diocesane collaborano, a partire dal presidente della Fondazione Carisap Maurizio Frascarelli.

Al centro dell’incontro, oltre all’analisi dei dati raccolti dalle due Caritas del Piceno, anche l’appello alle istituzioni locali e alla comunità civile ad un “sussulto di accoglienza“, per dirlo con le parole dell’arcivescovo Palmieri, il quale ha auspicato una sempre maggiore collaborazione tra le associazioni e le istituzioni.

Risorse e povertà in Italia

Dopo il saluto del sindaco Spazzafumo, il primo relatore a prendere la parola è stato Walter Nanni, che ha offerto una panoramica sul fenomeno della povertà in Italia, con particolare attenzione ai dati e alle dinamiche più significative. Il dato più rilevante riguarda le famiglie in stato di povertà assoluta che negli ultimi dieci anni in Italia è aumentato del 42,8%. Mentre fino a pochi anni fa, infatti, la quasi esclusività delle persone che si rivolgevano alle Caritas era senza occupazione, oggi una persona su quattro è povera nonostante abbia un lavoro, in quanto il livello retributivo non è adeguato. Aumentano anche i casi cronici: chi era povero cinque anni fa, oggi lo è ancora di più. Questo significa che a molte persone è negata la possibilità di aspirare ad un sogno o a un progetto di vita professionale e privata diversa da quella attuale: la povertà infatti erode la capacità progettuale. Non è un caso che tra gli assistiti sia cresciuto il disagio psicologico e psichiatrico.


«Noi, attraverso il nostro report – ha affermato Nanni –, cerchiamo solo di dare testimonianza di quelle storie che nessun altro ascolta. Ma nulla di più. Come Caritas, infatti, noi non siamo mai la risposta alla povertà, ma siamo una delle risposte. La risposta definitiva non può mai essere di un soggetto privato che si occupa di quel tipo povertà dal punto di vista valoriale e religioso, ma deve necessariamente chiamare in causa le responsabilità pubbliche e il coinvolgimento della società. Quest’ultimo aspetto è molto importante: dietro ad ogni storia che ascoltiamo, c’è una comunità che si muove e c’è anche una voce che si alza nei confronti di un diritto che spesso non è reso agibile».
Il responsabile del Servizio Studi di Caritas Italiana ha infine ricordato il valore aggiunto degli interventi effettuati dai volontari di Caritas Italiana, ovvero «la relazione umana diretta – come ha detto egli stesso –: quello con i volontari dei centri di ascolto, infatti, non è un mero incontro assistenziale, bensì un incontro che cambia la vita, che dà senso alla vita».

Risorse e povertà nel Piceno

Dopo aver analizzato i dati nazionali, è stata poi la volta di Giorgio Rocchi, il quale ha illustrato le principali criticità e le risposte messe in atto a livello territoriale, con un focus sul Piceno.
«Vogliamo partire dalle risorse, ovvero dagli operatori e dai volontari – ha esordito Rocchi -, coloro che rendono possibile il nostro servizio. Sono loro che donano tempo, ascolto, competenze, capacità, voglia di stare insieme a chi ne ha bisogno e si rendono protagonisti di quella sfida difficile che è il superamento dell’indifferenza e della solitudine».

Questi i dati relativi al 2023: 189 i volontari e 24 i centri di ascolto parrocchiali in rete fra loro. Ci sono poi 2 centri diocesani, che sono gli organi pastorali di Ascoli e di San Benedetto, che si avvalgono di 2 bracci operativi con cui si contraggono impegni, si gestiscono servizi, si opera a livello economico: la ODV Betania di Ascoli e la fondazione Caritas San Benedetto ETS. In tutto 9 sono i Centri di Volontariato Vincenziano, 8 i giovani del servizio civile. «I dati non sono separati per Diocesi, sia perché questa è una realtà che si presenta in maniera unitaria sia perché questo è il nostro modo di interpretare la nostra relazione con il territorio. Una situazione complessa, infatti, richiede una risposta di sistema, di corresponsabilità. Per questo ringrazio le autorità presenti e le istituzioni che rappresentano, oltre ai rappresentanti delle varie associazioni con cui siamo soliti fare rete. Grazie a questa rete, siamo riusciti ad aiutare ben 2.738 persone, che però purtroppo rappresentano solo poco più dell’1% delle persone che incontrano Caritas Italiana».
Numerosi i temi affrontati: dal numero dei migranti aiutati alla necessità di restituire dignità al mondo del lavoro, dalla proposta di aumentare l’edilizia residenziale pubblica alla possibilità di recuperare immobili esistenti, dall’incremento del numero di persone che rinunciano alle cure mediche al problema del gioco d’azzardo.

Lorenzo Felici ha poi illustrato nel dettaglio i dati riguardanti il Piceno: le persone che si rivolgono a Caritas e che sono di nazionalità italiana sfiorano il 40% (per la precisione il 39,8%); gli stranieri sono per la maggioranza di nazionalità marocchina e nigeriana, seguiti poi da quelli di nazionalità ucraina e rumena; aumentano le richieste di doppia cittadinanza, soprattutto provenienti dall’Argentina; si tratta soprattutto di donne. I servizi richiesti alle Caritas del territorio sono molteplici: vanno da quelli legati alla povertà e ai problemi economici a quelli relativi all’occupazione, dalle problematiche abitative a quelle familiari, come la perdita del coniuge, per giungere fino ai gravi problemi di salute.
Parafrasando la celebre frase “la Caritas è una carezza della Chiesa al suo popolo”, Felici ha concluso: «Noi immaginiamo i nostri interventi proprio come una carezza alle fragilità delle persone che si rivolgono a noi».

L’appello del vescovo Palmieri

Le conclusioni sono state affidate al vescovo Gianpiero, il quale ha sottolineato tre aspetti: la necessità di fare rete, l’esigenza di avere un focus particolare sui migranti e il bisogno di incentivare la cultura del volontariato.
«Abbiamo competenze diverse, professionalità diverse – ha detto mons. Palmieri –. La Chiesa può mettere in campo la vita comunitaria e i suoi volontari, che con il tempo diventano sempre più bravi. Ma non può bastare: è necessario collaborare, mettere in campo ciascuno il proprio contributo, cercando di dare una luce di speranza, perché una società che confina sempre più i poveri nella solitudine, è una società che ha perso. Noi non abbiamo la forza e la competenza per fare progetti individuali, però possiamo interagire positivamente, creando uno spazio comunitario per tutti. Questo è il contributo che la Chiesa può dare, questo è quello che le parrocchie possono dare. Ed è molto bello. Per me, che sono vescovo, significa che il Vangelo funziona, che crea comunità, che spinge ad essere solidali. E lo facciamo senza fare rumore. Siamo contenti di farlo, anche se nel silenzio. Però cerchiamo di aiutarci. Rispettiamoci, non sfruttiamoci. Noi facciamo quel che possiamo. Noi vogliamo fare quello che è possibile. Quando una cosa non la possiamo fare, è perché proprio non la possiamo fare. La soluzione va trovata ad un altro livello, in un’altra maniera. Altrimenti è chiederci troppo. È chiedere troppo a dei volontari!
Io ho un desiderio che spero sia condiviso: che finalmente la questione dei migranti esca dalle pastoie della competizione politica. Noi non ci rendiamo conto del danno che stiamo facendo. La scorsa settimana ho presentato a Roma un’indagine sui minori migranti e ho ascoltato alcune testimonianze commoventi. Questi giovani dicono di sentirsi per la loro famiglia troppo italiani e per gli Italiani troppo stranieri. È necessario avere un sussulto di accoglienza, perché questo è il nostro futuro. Non c’è futuro diverso da questo. Se non lavoriamo sinceramente per l’integrazione, senza barriere di tipo ideologico, continueremo a creare tensioni e non costruiremo mai un futuro!».

La presentazione del libro “ANAWÎM – La preghiera del povero sale fino a Dio”

Il convegno è stata anche l’occasione per presentare alla stampa il libro “ANAWÎM – La preghiera del povero sale fino a Dio”, un’opera curata da Fernando Ciarrocchi, già docente di Lingua e Letteratura Italiana e oggi volontario Caritas. Il libro, che è stato presentato da don Gianni Croci, direttore di Caritas San Benedetto del Tronto, esplora la spiritualità legata alla povertà, offrendo spunti di riflessione per un dialogo tra fede e solidarietà.


«Vi sembrerà molto strano che, dopo aver parlato di bisogni, vi presentiamo un opuscolo che parla di preghiera – ha dichiarato don Croci –. E invece no! Perché l’attenzione della Caritas vuole essere rivolta all’uomo integrale. Come ci ricorda papa Francesco, la cosa peggiore è non prestare attenzione al bisogno di spiritualità di tutti. Di fronte alle ferite della vita, infatti, che sono non solo quelle economiche, ma anche quelle affettive, o imprechi o preghi. In questo libro, allora, abbiamo raccolto alcune preghiere di cristiani, musulmani e diversamente credenti, per ricordarci che siamo tutti mendicanti e poveri, tutti alla pari, anche se parliamo lingue diverse o professiamo religioni diverse, senza nessuna distinzione tra chi accoglie e chi è accolto».